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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 13/09/2025
Di Alex (pubblicato @ 20:00:00 in Scienza e Spazio, letto 333 volte)

L'intensificazione degli eventi climatici estremi è una diretta conseguenza del riscaldamento globale.
Il cambiamento climatico causato dall'uomo sta alterando frequenza e intensità dei cataclismi naturali. L'aumento dei gas serra ha creato uno squilibrio energetico che potenzia il sistema climatico, rendendolo più volatile. Questo surplus di energia si manifesta in eventi più distruttivi, dalle ondate di calore a uragani più potenti. Le aree urbane, in particolare, diventano epicentri di rischio amplificato a causa di fattori specifici come le isole di calore. LEGGI TUTTO
Il motore del caos: l'eccesso di energia nel sistema Terra
Per capire l'aumento dei fenomeni catastrofici, dobbiamo partire dal bilancio energetico del nostro pianeta. Le attività umane, bruciando combustibili fossili, hanno immesso nell'atmosfera gas serra come anidride carbonica (CO2) e metano (CH4). Questi gas intrappolano il calore che la Terra riemette, creando uno squilibrio chiamato "forcing radiativo". L'IPCC ha calcolato che questo surplus energetico è di circa 2,72 Watt per ogni metro quadrato della superficie terrestre rispetto all'era pre-industriale. È questa energia extra, iniettata costantemente nel sistema, il vero motore del riscaldamento globale e dell'intensificazione degli eventi estremi.
Oceani surriscaldati e un ciclo dell'acqua più violento
La stragrande maggioranza di questo calore in eccesso, oltre l'80%, viene assorbita dagli oceani. Questo ha due conseguenze dirette e devastanti. Primo, l'acqua più calda si espande (espansione termica), causando circa la metà dell'innalzamento del livello del mare osservato negli ultimi decenni. Secondo, temperature superficiali marine più elevate forniscono più "carburante" ai sistemi temporaleschi, come i cicloni tropicali. Parallelamente, l'atmosfera più calda può trattenere più vapore acqueo, circa il 7% in più per ogni grado Celsius di aumento, secondo la legge di Clausius-Clapeyron. Questo non solo amplifica l'effetto serra, ma significa anche che quando piove, le precipitazioni sono molto più intense e concentrate.
Cicloni tropicali: non più numerosi, ma più potenti
I vortici atmosferici come i cicloni tropicali (conosciuti come uragani o tifoni a seconda della zona) sono macchine termiche alimentate dal calore degli oceani. Il legame con il cambiamento climatico è ormai chiaro: sebbene il numero totale di cicloni non sembri aumentare, è scientificamente provato, con alta confidenza da parte dell'IPCC, che la proporzione di quelli più intensi (categorie 4-5) è cresciuta a livello globale. Questo accade per due ragioni: le temperature oceaniche più alte forniscono più energia per la loro intensificazione e l'aria più umida si traduce in piogge torrenziali, aumentando drasticamente il rischio di inondazioni. Le proiezioni future indicano un ulteriore aumento sia della velocità massima dei venti sia dell'intensità delle precipitazioni associate a questi fenomeni.
In conclusione, le prove scientifiche dimostrano un legame inequivocabile tra il riscaldamento globale di origine antropica e l'intensificazione dei cataclismi. Il surplus di energia nel sistema climatico sta rendendo i fenomeni meteorologici più estremi e distruttivi. Di fronte a cambiamenti i cui effetti più gravi sono ormai inevitabili, l'adattamento e la costruzione della resilienza, specialmente nei centri urbani sempre più vulnerabili, diventano una priorità tanto critica quanto la necessaria riduzione delle emissioni globali.
Di Alex (pubblicato @ 16:00:00 in Scienza e Spazio, letto 407 volte)
Un'immagine stilizzata di un feto in un utero tecnologico, circondato da codice binario
La storia di Cindy Bi, imprenditrice tech, e della sua campagna di molestie contro la madre surrogata che portava in grembo suo figlio, sembra la trama di un thriller psicologico. Invece, come svelato da un'inchiesta di Wired, è un caso reale che squarcia il velo su un'ideologia sempre più diffusa nella Silicon Valley: il pronatalismo. Un'ossessione per la fertilità e la genetica che, spinta da figure come Elon Musk, trasforma la procreazione in un altro sistema da ottimizzare. LEGGI TUTTO
Il caso Cindy Bi: quando l'ottimizzazione diventa abuso
Il racconto di Wired è agghiacciante. Cindy Bi e il suo partner hanno assunto una madre surrogata, Brittan, per poi sottoporla a un regime di sorveglianza e controllo totalitario. Pretendevano di monitorarla con telecamere, controllavano la sua dieta in modo maniacale e la bombardavano di messaggi a ogni ora. Questo comportamento non era solo quello di due genitori ansiosi, ma l'applicazione estrema della mentalità tech: trattare la gravidanza come un processo da ingegnerizzare e la madre surrogata come un "hardware" da cui esigere la massima performance, privandola di ogni autonomia e umanità.
Il pronatalismo: la nuova ossessione dei miliardari tech
Il caso Bi non nasce nel vuoto, ma si innesta in una corrente di pensiero sempre più forte tra le élite tecnologiche: il pronatalismo. Figure come Elon Musk, che twitta costantemente sulla "crisi del crollo demografico" come il più grande pericolo per la civiltà, e il potente investitore Marc Andreessen, promuovono attivamente l'idea che le persone "giuste" – ovvero quelle intelligenti e di successo come loro – dovrebbero fare più figli per garantire il progresso umano. La fertilità e la procreazione non sono più viste come fatti privati, ma come imperativi per la sopravvivenza e il dominio tecnologico della nostra specie.
Dalla bio-ottimizzazione all'eugenetica 2.0
L'approccio della Silicon Valley all' "ottimizzazione della vita" – dal biohacking al monitoraggio ossessivo dei parametri vitali – si sta estendendo in modo inquietante alla riproduzione. Tecnologie come la fecondazione in vitro, lo screening genetico preimpianto e la maternità surrogata diventano strumenti per "progettare" la prole. Sebbene queste tecnologie offrano speranza a molte persone, nel contesto del pronatalismo tech assumono una sfumatura sinistra. Alcuni critici vedono in questa tendenza l'ombra di una nuova eugenetica, dove la selezione di embrioni con determinati tratti genetici non serve a prevenire malattie, ma a "migliorare" la specie secondo i canoni di successo della Silicon Valley.
Le profonde implicazioni etiche e sociali
Questa mentalità solleva questioni etiche enormi. La maternità surrogata, spinta da queste logiche, rischia di diventare una forma di sfruttamento, dove i corpi delle donne meno abbienti vengono "affittati" dai ricchi per portare a termine un "progetto". Si profila inoltre il rischio di una società divisa su base genetica, dove i privilegiati possono permettersi di "ottimizzare" i propri figli, creando un divario biologico oltre che economico. L'ideologia pronatalista, con la sua enfasi sulla riproduzione di una presunta élite, finisce per svalutare implicitamente chi non può o non vuole avere figli, o chi non rientra nei suoi ristretti parametri.
In conclusione, la vicenda di Cindy Bi è un potente avvertimento. Non è solo la storia di un abuso individuale, ma il sintomo di una cultura che, nella sua hybris tecnologica, crede di poter ottimizzare ogni aspetto dell'esistenza umana, inclusa la sua creazione. La fusione tra immensa ricchezza, potere tecnologico e un'ideologia che flirta con l'eugenetica è un cocktail pericoloso che la società non può permettersi di ignorare.
Di Alex (pubblicato @ 12:00:00 in Chiacchiere Varie, letto 343 volte)

I CEO della Silicon Valley a cena con Donald Trump alla Casa Bianca
In una delle sale più iconiche del potere mondiale, si è consumato un incontro che ha mescolato lusso, affari e un'alta dose di pragmatismo politico. I vertici della Silicon Valley, spesso visti come un mondo a parte, si sono seduti al tavolo con l'allora presidente Donald Trump. Un evento che ha svelato la complessa e talvolta scomoda danza tra i giganti della tecnologia e l'amministrazione, un balletto necessario per navigare le acque turbolente della politica americana. LEGGI TUTTO
Un parterre di giganti alla corte del Presidente
L'elenco degli invitati a questi incontri era un vero e proprio "who's who" del settore tecnologico. Attorno al tavolo sedevano nomi del calibro di Tim Cook di Apple, Satya Nadella di Microsoft, Jeff Bezos di Amazon e Larry Page di Alphabet (Google). Accanto a loro, figure come Peter Thiel, il co-fondatore di PayPal e uno dei pochi sostenitori a viso aperto di Trump nella Silicon Valley, agivano da ponte tra due mondi apparentemente inconciliabili. La presenza di questi leader non era casuale: rappresentava un tentativo strategico di stabilire un canale di comunicazione diretto con un'amministrazione le cui decisioni potevano valere miliardi di dollari.
Sul tavolo: tariffe, immigrazione e il futuro della tecnologia
Le conversazioni, al di là dei convenevoli, si sono concentrate su temi di vitale importanza per l'industria tech. In cima alla lista c'erano le politiche commerciali, in particolare le tariffe sulla Cina, che minacciavano di sconvolgere le catene di approvvigionamento globali su cui aziende come Apple fanno affidamento. Un altro argomento caldo era l'immigrazione, con i CEO che esprimevano preoccupazione per le restrizioni sui visti H-1B, fondamentali per attrarre talenti qualificati da tutto il mondo. Sullo sfondo, aleggiava la minaccia sempre presente di una stretta sulla regolamentazione e di indagini antitrust, argomenti che richiedevano un approccio diplomatico per essere gestiti.
Il delicato balletto tra affari e posizioni personali
Per molti di questi CEO, partecipare a una cena con Trump rappresentava un esercizio di equilibrismo. Molte delle loro aziende e dei loro dipendenti si erano apertamente opposti alle politiche e alla retorica del presidente su questioni sociali e ambientali. Tuttavia, la responsabilità fiduciaria nei confronti degli azionisti imponeva di mettere da parte le divergenze personali per il bene degli affari. Questo evento ha messo in luce la natura transazionale del rapporto: i CEO cercavano un ambiente normativo e commerciale favorevole, mentre l'amministrazione cercava di ottenere il sostegno, o almeno la neutralità, di un settore economico cruciale e di proiettare un'immagine di collaborazione con l'innovazione.
Cosa rivela l'incontro sulla relazione tra tech e potere
Questa cena non è stata un episodio isolato, ma il simbolo di un cambiamento epocale. La Silicon Valley, nata con un'etica libertaria e anti-establishment, è diventata essa stessa un centro di potere consolidato, costretta a giocare secondo le regole tradizionali di Washington. L'evento dimostra che le grandi aziende tecnologiche non possono più permettersi di ignorare la politica. Al contrario, devono impegnarsi attivamente nel lobbying e nella costruzione di relazioni per influenzare le leggi che modellano il loro futuro, navigando in un panorama politico sempre più polarizzato dove ogni mossa viene attentamente scrutata dal pubblico e dai propri dipendenti.
In definitiva, la cena alla Casa Bianca tra i CEO della tecnologia e Donald Trump è stata una perfetta istantanea della realpolitik moderna. Ha mostrato come, dietro le quinte dell'innovazione e dei dibattiti pubblici, si intreccino complesse negoziazioni dove gli interessi economici spesso costringono a compromessi e ad alleanze inaspettate, ridefinendo costantemente il confine tra il mondo della tecnologia e quello del potere.
Di Alex (pubblicato @ 10:29:19 in Smartphone iPhone, letto 751 volte)

Il futuro iPhone 18 Pro Max con display FINALMENTE no notch. iPhone 17 Pro è già vecchio 
Il mondo tech è già in fermento per le indiscrezioni sul prossimo iPhone 18 Pro Max, previsto per settembre 2026, in occasione del ventennale dalla presentazione del primo iPhone. I rumor delineano un dispositivo rivoluzionario, con miglioramenti che potrebbero ridefinire l'esperienza d'uso degli smartphone di fascia alta, ponendosi come un temibile concorrente nel mercato dominato da Android. LEGGI TUTTO

Ma che colori assurdi hanno scelto i designer per un iPhone Pro da 1300-1800€?
Forse questa cosa l'hanno studiata per vendere tante cover a 69€... 
Un processore mai visto prima: Apple A20 a 2nm
Il cuore pulsante del nuovo iPhone 18 Pro Max sarà, con ogni probabilità, il chip A20 Bionic. Le voci più insistenti suggeriscono che Apple adotterà il processo produttivo a 2 nanometri di TSMC. Questo non si traduce solo in un generico aumento di potenza, ma in un balzo generazionale significativo. Un processo a 2nm permetterà di inserire un numero maggiore di transistor, portando a un incremento delle prestazioni e, soprattutto, a un'efficienza energetica superiore. Questo si rivelerà cruciale per la gestione di calcoli complessi legati all'intelligenza artificiale e al machine learning direttamente sul dispositivo, garantendo al contempo una maggiore durata della batteria.
Design e Display: addio Dynamic Island?
Una delle novità più attese riguarda il design del display. Apple potrebbe finalmente abbandonare l'attuale Dynamic Island per una soluzione ancora più immersiva. Si parla con insistenza di un sistema Face ID integrato sotto il display, che lascerebbe spazio solo a un piccolo foro per la fotocamera frontale ("punch-hole"). Il pannello rimarrebbe un OLED LTPO da 6,9 pollici, ma con una frequenza di aggiornamento che, sebbene alcune fonti ipotizzino un audace 165Hz, più realisticamente si manterrà sulla tecnologia ProMotion adattiva da 1 a 120Hz per ottimizzare la fluidità senza sacrificare l'autonomia. Il tutto protetto da un telaio in titanio, ormai un classico per i modelli Pro.
Un comparto fotografico potenziato
Il comparto fotografico si preannuncia stellare. Anche se le voci su un sensore principale da 200 MP sembrano azzardate, è più probabile che Apple continui a perfezionare il suo sistema a più sensori. Si vocifera di un nuovo sensore principale a tre strati sviluppato da Samsung, che migliorerebbe drasticamente la qualità dell'immagine in tutte le condizioni di luce, riducendo il rumore e aumentando la gamma dinamica. Non mancheranno ovviamente lenti ultra-grandangolari e teleobiettivi avanzati per completare un sistema a quattro fotocamere versatile e potente.
Connettività e batteria a prova di futuro
Per garantire una connettività all'avanguardia, iPhone 18 Pro Max dovrebbe integrare il nuovo modem C2 proprietario di Apple. Questo non solo assicurerebbe il supporto al Wi-Fi 7 e a un 5G ancora più veloce e stabile, ma ottimizzerebbe anche i consumi energetici. Si parla anche di un potenziamento delle capacità di comunicazione satellitare per le emergenze. A sostenere il tutto ci sarebbe una batteria da circa 5000 mAh, con supporto a una ricarica rapida via cavo da 80W, per assicurare che il dispositivo possa affrontare senza problemi le giornate più intense.
- Processore: Chip A20 Bionic a 2nm
- Display: 6,9" OLED LTPO con ProMotion (1-120Hz) e Face ID sotto il display
- Fotocamera principale: Sistema a quattro sensori con tecnologia a tre strati
- Connettività: 5G, Wi-Fi 7 (con modem Apple C2), Satellitare
- Batteria: Circa 5000 mAh con ricarica rapida a 80W
- Memoria: A partire da 512 GB di archiviazione interna
- Sistema Operativo: iOS 20 (al lancio)
In conclusione, l'iPhone 18 Pro Max si profila come un aggiornamento incrementale ma estremamente solido, destinato a consolidare la posizione di Apple nel segmento premium. Le innovazioni, dal chip a 2nm al Face ID sotto lo schermo, sono significative e concrete. Resta l'incognita del prezzo, che si preannuncia molto elevato, con stime che superano i 2000 dollari per il mercato statunitense. Un costo che, come sempre, lo posizionerà come un oggetto del desiderio, tecnologicamente avanzato ma non per tutte le tasche, a differenza di molte alternative Android che offrono specifiche comparabili a una frazione del costo.
Di Alex (pubblicato @ 07:00:00 in Chiacchiere Varie, letto 423 volte)

Il Campidoglio a Washington, epicentro della battaglia (ora in stallo) contro lo strapotere delle Big Tech.
Ricordate i proclami battaglieri di qualche anno fa? Politici da entrambi gli schieramenti tuonavano contro lo strapotere di Google, Amazon, Meta e Apple, promettendo di "spezzare" i monopoli e ripristinare la concorrenza. Sembrava l'alba di una nuova era antitrust. Oggi, di quel fervore non resta che un silenzio assordante. La grande guerra a Big Tech si è spenta senza vinti né vincitori apparenti, ma con un risultato chiarissimo: le grandi aziende tecnologiche sono ancora qui, più potenti che mai. LEGGI TUTTO
Cosa è andato storto? L'illusione di un fronte unito
Inizialmente, la crociata contro Big Tech godeva di un raro consenso bipartisan. Repubblicani e Democratici erano d'accordo su un punto: il potere concentrato nelle mani di poche aziende della Silicon Valley era diventato un problema per l'economia e la democrazia. Tuttavia, questo fronte si è sgretolato non appena si è passati dalle parole ai fatti. Le proposte di legge, come l'American Innovation and Choice Online Act, si sono arenate in un pantano di veti incrociati e dispute ideologiche, dimostrando che un conto è denunciare un problema, un altro è mettersi d'accordo sulla soluzione.
Il muro di gomma della lobby tecnologica
Non si può ignorare il fattore più determinante: il potere economico e di influenza delle stesse aziende sotto accusa. Le Big Tech hanno dispiegato una delle più imponenti e costose campagne di lobbying della storia. Con un esercito di avvocati, consulenti ed ex politici a libro paga, hanno inondato Washington, finanziando centri studi, associazioni di facciata e campagne pubblicitarie mirate a convincere legislatori e opinione pubblica che un antitrust aggressivo avrebbe danneggiato l'innovazione americana e favorito la concorrenza cinese. Un muro di gomma contro cui ogni iniziativa politica ha finito per rimbalzare.
Le battaglie in tribunale: una cronologia di successi parziali e sconfitte
Mentre il fronte legislativo si dissolveva, la battaglia si è spostata nelle aule di tribunale, con risultati altalenanti. La Federal Trade Commission (FTC), guidata dalla combattiva Lina Khan, e il Dipartimento di Giustizia (DOJ) hanno avviato diverse cause importanti, ma il bilancio è magro.
- DOJ vs Google: L'unica vera, grande battaglia ancora in corso. Il caso si concentra sul monopolio di Google nel mercato della ricerca e della pubblicità online. È un processo complesso e lungo, il cui esito è ancora incerto, ma rappresenta l'ultima vera speranza per l'antitrust.
- FTC vs Meta: Il tentativo della FTC di costringere Meta a vendere Instagram e WhatsApp si è scontrato con enormi difficoltà legali, evidenziando quanto sia difficile smantellare retroattivamente fusioni approvate anni prima.
- FTC vs Amazon: Anche la causa contro le pratiche anticoncorrenziali di Amazon nel suo marketplace procede a rilento, ostacolata dalla complessità intrinseca del modello di business dell'azienda.
- Leggi fallite: L'American Innovation and Choice Online Act e l'OPEN App Markets Act, che miravano a regolare gli app store di Apple e Google, non sono mai arrivate al voto finale, di fatto archiviate.
Alla fine, la rinascita dell'antitrust tecnologico sembra essere finita. La combinazione letale di complessità legale, inerzia politica e un lobbying potentissimo ha spento lo slancio riformatore. Le Big Tech hanno dimostrato di poter resistere alla più grande offensiva politica e legale degli ultimi decenni, uscendone quasi indenni. Questo non significa solo che il loro potere rimarrà incontrastato, ma pone una domanda inquietante per il futuro: se neanche la potenza combinata del governo statunitense è riuscita a scalfirle, chi potrà farlo?
Fotografie del 13/09/2025
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