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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 25/09/2025
Di Alex (pubblicato @ 20:00:00 in Nuove Tecnologie, letto 326 volte)

Una rappresentazione artistica della struttura multistrato del grafene curvato, chiave della nuova tecnologia.
E se potessimo ricaricare i nostri dispositivi in pochi secondi anziché in ore? Questa promessa, a lungo confinata nel regno della fantascienza, si avvicina alla realtà grazie a una scoperta rivoluzionaria dei ricercatori della Monash University, in Australia. Il team ha sviluppato un nuovo materiale a base di grafene che permette ai supercondensatori di immagazzinare un'energia paragonabile a quella delle batterie al piombo, ma con la capacità di erogarla e ricaricarsi quasi istantaneamente. LEGGI TUTTO
Supercondensatori vs Batterie: il dilemma energetico
Per comprendere la portata di questa innovazione, è essenziale distinguere tra batterie e supercondensatori. Le batterie, come quelle agli ioni di litio nei nostri smartphone, immagazzinano energia attraverso lente reazioni chimiche. Questo processo garantisce un'alta densità energetica (molta energia in poco spazio), ma limita drasticamente la velocità di carica e scarica. I supercondensatori, al contrario, immagazzinano energia elettrostaticamente, come una carica statica su una superficie. Questo permette loro di caricarsi e scaricarsi in pochi secondi, ma storicamente la loro densità energetica era molto bassa, rendendoli inadatti per la maggior parte delle applicazioni pratiche.[20, 21]
La sfida è sempre stata quella di creare un dispositivo che combinasse il meglio dei due mondi: l'alta capacità di una batteria e la velocità di un supercondensatore. Il limite principale dei supercondensatori tradizionali a base di carbonio era che solo una piccola frazione della superficie del materiale era effettivamente accessibile agli ioni per l'accumulo di carica, sprecando gran parte del potenziale.[22]
La scoperta: grafene curvato e ricottura termica rapida
Il team della Monash University, guidato dal professor Mainak Majumder, ha superato questo ostacolo sviluppando un nuovo approccio. Partendo dalla grafite naturale, hanno creato un'architettura materiale innovativa chiamata ossido di grafene ridotto multiscala (M-rGO).[22] La vera svolta, tuttavia, è avvenuta modificando il processo di trattamento termico. Applicando una "ricottura termica rapida" (rapid thermal annealing) a un precursore di ossido di grafite, i ricercatori sono riusciti a creare una struttura di grafene altamente curvata.[20]
Questa curvatura non è casuale: crea percorsi e canali ottimizzati che permettono agli ioni di muoversi rapidamente e di accedere a una porzione molto più ampia della superficie del materiale. In pratica, hanno "sbloccato" il potenziale di accumulo del grafene, mantenendo al contempo la sua eccezionale conduttività. Il risultato è un materiale che supporta sia un'elevata densità di energia che un'altissima densità di potenza, ovvero la capacità di erogare quell'energia molto velocemente.[22]
Prestazioni da record e applicazioni future
I risultati ottenuti sono straordinari. Assemblati in dispositivi a cella a sacchetto (pouch cell), i nuovi supercondensatori hanno raggiunto densità energetiche volumetriche fino a 99.5 Wh/L (wattora per litro), paragonabili a quelle delle batterie al piombo-acido, e densità di potenza fino a 69.2 kW/L (kilowatt per litro), un valore tra i più alti mai registrati per supercondensatori a base di carbonio.[21, 22] Inoltre, hanno dimostrato un'eccellente stabilità a lungo termine, sopportando numerosi cicli di carica e scarica senza degrado significativo.
Le potenziali applicazioni di questa tecnologia sono vastissime e potrebbero rivoluzionare interi settori. Si va dai veicoli elettrici, che potrebbero ricaricarsi nel tempo di un pieno di benzina, alla stabilizzazione delle reti elettriche, assorbendo e rilasciando istantaneamente l'energia prodotta da fonti rinnovabili intermittenti come il solare e l'eolico. Potrebbe inoltre dare vita a una nuova generazione di elettronica di consumo, eliminando per sempre i lunghi tempi di attesa per la ricarica.[20] Il processo, inoltre, è scalabile e compatibile con la grafite, una materia prima abbondante, anche in Australia, aprendo la strada a una produzione industriale.[21]
La commercializzazione è già in corso attraverso Ionic Industries, una spin-out della Monash University, che sta già producendo quantità commerciali del nuovo materiale a base di grafene.[22] Sebbene la strada per vedere questa tecnologia nei nostri smartphone sia ancora lunga, questa ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista *Nature Communications*, rappresenta un passo fondamentale verso un futuro in cui l'energia sarà non solo abbondante e pulita, ma anche istantaneamente accessibile. Il sogno di una ricarica in pochi secondi non è più solo un'utopia.

Il DJI Mini 5 Pro in volo, un drone che racchiude tecnologia da top di gamma in un corpo ultraleggero.
DJI ha alzato nuovamente l'asticella nel mercato dei droni consumer con il lancio, il 17 settembre 2025, del nuovo Mini 5 Pro. Questo modello non è un semplice aggiornamento, ma una vera e propria rivoluzione che ridefinisce le potenzialità della categoria sotto i 250 grammi. Per la prima volta, un drone così leggero e compatto integra un sensore di livello professionale da 1 pollice, colmando di fatto il divario con i modelli più grandi e costosi e rendendo la qualità d'immagine "pro" accessibile a tutti. LEGGI TUTTO
Il cuore della rivoluzione: la fotocamera con sensore da 1 pollice
La novità più significativa del DJI Mini 5 Pro è senza dubbio il suo comparto fotografico, costruito attorno a un sensore CMOS da 1 pollice, una dimensione finora riservata a droni di categoria superiore come la serie Air.[17, 18] Questo sensore, abbinato a un'apertura f/1.8, permette di scattare fotografie a 50 megapixel e di catturare una quantità di luce e dettagli impensabile per i precedenti modelli Mini. I benefici pratici sono enormi: le prestazioni in condizioni di scarsa illuminazione sono drasticamente migliorate, e la gamma dinamica si estende fino a 14 stop (EV), garantendo immagini ricche di sfumature sia nelle ombre che nelle alte luci.[17, 18]
Anche le capacità video fanno un balzo in avanti qualitativo. Il Mini 5 Pro può registrare filmati in 4K fino a 120 fotogrammi al secondo, consentendo slow-motion fluidi e di alta qualità, e supporta la registrazione in 4K HDR a 60 fps. Per i videomaker più esigenti, è stata introdotta la registrazione a 10-bit con profilo colore D-Log M, che offre la massima flessibilità in fase di color grading professionale.[18] A completare il pacchetto c'è un gimbal meccanico a 3 assi con una rotazione fino a 225 gradi, che permette di realizzare riprese verticali native perfette per i social media, senza perdita di qualità.[17, 19]
Prestazioni di volo e sicurezza: oltre ogni limite
Il Mini 5 Pro non eccelle solo nella qualità d'immagine, ma anche nelle prestazioni di volo e nella sicurezza. Il drone raggiunge una velocità massima di 42 mph (circa 67 km/h) e una velocità di salita di 10 m/s, risultando notevolmente più scattante e reattivo del suo predecessore.[17] L'innovazione più importante in termini di sicurezza è l'aggiornamento del sistema di rilevamento ostacoli. Il nuovo "Omnidirectional Vision Sensing System" è ora potenziato da sensori LiDAR frontali, una tecnologia che utilizza impulsi laser per mappare l'ambiente con estrema precisione. Questo si traduce in una capacità di evitare gli ostacoli molto più affidabile, specialmente in condizioni di luce difficili o durante i voli notturni.[17, 18]
L'autonomia di volo, da sempre un punto cruciale, raggiunge nuovi record. Con la batteria standard, il Mini 5 Pro garantisce fino a 36 minuti di volo.[18] Ma la vera novità è la "Intelligent Flight Battery Plus", una batteria opzionale che estende l'autonomia a un'incredibile durata di 52 minuti, un valore leader nel settore.[17, 19] È importante notare che questa batteria opzionale porta il peso totale del drone al di sopra della soglia dei 250 grammi, rendendola non disponibile in Europa per mantenere la classificazione C0 che esonera da molteplici obblighi normativi.[17]
Prezzi, disponibilità e kit
Il DJI Mini 5 Pro è stato lanciato inizialmente in Canada ed Europa, con prezzi e disponibilità per gli Stati Uniti ancora da confermare al momento del debutto.[17] Il drone viene offerto in diverse configurazioni per soddisfare le esigenze di vari utenti.
- Kit Base (DJI RC-N3): Include il drone, il radiocomando standard RC-N3 (da usare con lo smartphone), una batteria e accessori base. Prezzo di partenza circa 799 €.
- Fly More Combo (DJI RC-N3): Aggiunge al kit base due batterie extra, un hub di ricarica a due vie, un set di filtri ND, una borsa per il trasporto e eliche di ricambio. Prezzo circa 999 €.
- Fly More Combo (DJI RC 2): Identico al precedente, ma sostituisce il radiocomando standard con il DJI RC 2, dotato di schermo integrato ad alta luminosità. Prezzo circa 1.129 €.
- Fly More Combo Plus (DJI RC 2): Disponibile solo nei mercati che lo consentono (non in Europa), include le tre batterie "Intelligent Flight Battery Plus" da 52 minuti di autonomia.
Il DJI Mini 5 Pro rappresenta un punto di svolta. Integrando tecnologie da top di gamma in un corpo che rispetta i limiti normativi più permissivi, DJI ha di fatto eliminato il compromesso tra portabilità e qualità. Non è più necessario scegliere tra un drone "legale ma limitato" e uno "potente ma restrittivo". Questo modello si impone come il nuovo punto di riferimento per quasi ogni tipo di utente, dal principiante che cerca la massima qualità possibile all'appassionato esigente che non vuole rinunciare alla comodità, diventando la scelta quasi obbligata nel panorama dei droni compatti.
Di Alex (pubblicato @ 12:00:00 in Smartphone iPhone, letto 263 volte)

I primi esemplari di iPhone 17 Pro hanno mostrato una sorprendente vulnerabilità a graffi e scheggiature.
Il lancio dei nuovi iPhone 17 Pro e Pro Max, avvenuto il 19 settembre, è stato immediatamente offuscato da un'ondata di lamentele. A poche ore dall'arrivo sul mercato, utenti e recensori hanno iniziato a segnalare un'inattesa fragilità, coniando il termine "scratchgate". I nuovi modelli, infatti, sembrano estremamente inclini a graffi e scheggiature, un netto passo indietro rispetto alla robustezza dei predecessori. Analizziamo le cause tecniche di questa controversa vulnerabilità. LEGGI TUTTO
La causa principale: il ritorno all'alluminio anodizzato
Il cuore del problema "scratchgate" risiede in una precisa scelta materica da parte di Apple: l'abbandono del più resistente e prestigioso titanio, utilizzato per la scocca degli iPhone 16 Pro, in favore di un telaio unibody in alluminio anodizzato colorato. Questa decisione, probabilmente dettata da esigenze di design o di costo, ha avuto conseguenze dirette sulla durabilità percepita del dispositivo. Il processo di anodizzazione crea uno strato superficiale di colore che può essere paragonato al guscio di una caramella: una volta scalfito, rivela il materiale sottostante.
Nel caso dell'iPhone 17 Pro, sotto la verniciatura si trova il colore naturale e argenteo dell'alluminio. Di conseguenza, anche un graffio superficiale, causato dal semplice contatto con chiavi o monete in tasca, diventa immediatamente e vistosamente evidente, specialmente sui modelli con colorazioni scure come il "Deep Blue" o il nuovo "Cosmic Orange". Numerose testimonianze, emerse sui social media e confermate da autorevoli testate come Bloomberg, hanno documentato come le unità demo negli Apple Store mostrassero segni di usura già poche ore dopo l'esposizione, deludendo le aspettative di chi acquista un dispositivo "Pro".
Un difetto di progettazione aggravante: il bordo tagliente del blocco fotocamere
Oltre alla generale suscettibilità ai graffi del materiale, analisi tecniche approfondite, come quelle condotte dal noto youtuber JerryRigEverything, hanno portato alla luce un secondo difetto, ancora più critico e legato a una precisa scelta di design. Il blocco fotocamere dei modelli 17 Pro e Pro Max è stato progettato con un angolo vivo, a 90 gradi, invece che con un bordo smussato o "cianfrinato" (chamfered edge).
Questa decisione contravviene a uno standard industriale (ISO) per la lavorazione dell'alluminio anodizzato. Secondo tali standard, gli spigoli vivi rappresentano punti deboli intrinseci, dove il rivestimento colorato è più sottile e quindi estremamente più incline a scheggiarsi ("chipping"). Questo non è più un problema di usura estetica, ma un vero e proprio difetto di progettazione che rende una delle parti più esposte del telefono vulnerabile a danni permanenti e non riparabili, anche a seguito di impatti minimi. Un urto con una moneta può bastare per far saltare un frammento di vernice dall'angolo del blocco fotocamere.
Il contrasto con iPhone Air e la soluzione dell'utente
L'aspetto più paradossale della vicenda è che il nuovo iPhone Air, il modello più sottile di sempre presentato insieme alla linea Pro, non soffre di questo problema. La sua scocca, infatti, è realizzata in titanio lucido, un materiale intrinsecamente più resistente ai graffi e privo dei punti deboli legati all'anodizzazione. Questa differenza ha alimentato il dibattito, suggerendo che la scelta dell'alluminio per i modelli Pro sia stata un compromesso deliberato, che ha sacrificato la durabilità, un tempo fiore all'occhiello della gamma "Pro", in favore di altre priorità, forse estetiche o produttive.
Di fronte a questa situazione, la soluzione per gli utenti è tanto semplice quanto frustrante: l'unica maniera efficace per proteggere il proprio investimento è utilizzare una custodia protettiva fin dal primo giorno. Una cover può infatti salvaguardare sia il telaio in alluminio dall'usura quotidiana, sia il vulnerabile spigolo del comparto fotografico da scheggiature accidentali. Questa necessità, tuttavia, ha generato un acceso dibattito nella community, divisa tra chi accetta la custodia come una prassi normale e chi lamenta di dover nascondere il design di un dispositivo da oltre 1300 euro per proteggerlo da difetti di fabbricazione.
In conclusione, lo "scratchgate" dell'iPhone 17 Pro non è un'esagerazione mediatica, ma il risultato di due problemi concreti: una scelta materica che rende il telefono prono a graffi visibili e un difetto di design che espone il blocco fotocamere a danni permanenti. Per un dispositivo che porta il suffisso "Pro", sinonimo di prestazioni e affidabilità superiori, si tratta di un passo falso significativo. Resta da vedere se questa vicenda influenzerà le future scelte di design di Apple o se rappresenta un nuovo standard in cui l'estetica prevale sulla robustezza.
Di Alex (pubblicato @ 07:00:00 in Antivirus-Firewall-VPN, letto 520 volte)

Una linea di produzione di auto Jaguar ferma e buia, con un lucchetto digitale rosso proiettato in primo piano.
Un devastante attacco informatico, rivendicato dal gruppo criminale Scattered Spider, ha messo in ginocchio Jaguar Land Rover (JLR) a partire dai primi di settembre. L'offensiva ha paralizzato l'intera infrastruttura digitale del colosso automobilistico, costringendo all'arresto completo della produzione negli stabilimenti chiave e bloccando le vendite e le immatricolazioni a livello globale. Un colpo durissimo che evidenzia la crescente vulnerabilità del settore automotive alle minacce informatiche. LEGGI TUTTO
Produzione ferma e concessionarie paralizzate
L'attacco, iniziato intorno al 31 agosto 2025, ha avuto conseguenze immediate e catastrofiche. Per contenere i danni, JLR ha dovuto spegnere la sua intera rete informatica, bloccando di fatto ogni operazione digitale critica. Le linee di montaggio negli strategici stabilimenti inglesi di Halewood e Solihull sono state fermate, con un impatto diretto sulla produzione di migliaia di veicoli. La paralisi si è estesa a macchia d'olio a tutta la catena del valore: dalla logistica alla gestione dei ricambi, fino alla rete di vendita.
Le concessionarie di tutto il mondo si sono trovate improvvisamente nell'impossibilità di operare. Senza accesso ai sistemi centrali, è diventato impossibile configurare nuovi ordini, immatricolare veicoli già pronti per la consegna o persino gestire gli appuntamenti per l'assistenza tecnica. Un vero e proprio blackout operativo che sta causando danni economici per milioni di euro al giorno e un grave danno d'immagine per il marchio, proprio mentre tentava di riprendersi da un periodo difficile segnato dalla crisi dei chip e dalla transizione elettrica.
L'ombra del ransomware e la rivendicazione
Dietro l'attacco c'è la firma del gruppo hacker Scattered Spider. Secondo le prime indagini, i criminali avrebbero sfruttato una vulnerabilità in un software di terze parti, il sistema SAP Netweaver, utilizzato da JLR per la gestione delle sue operazioni. Sebbene l'azienda abbia dichiarato che, al momento, non ci sono prove di un furto di dati sensibili dei clienti, l'ipotesi più accreditata è che si tratti di un attacco ransomware. L'obiettivo dei criminali sarebbe quindi quello di estorcere un ingente riscatto in criptovaluta in cambio dello sblocco dei sistemi informatici presi in ostaggio.
Questo gravissimo incidente mette a nudo la fragilità delle supply chain industriali moderne, sempre più interconnesse e dipendenti dal digitale. Un singolo punto di rottura, come la compromissione di un software, può innescare un effetto domino capace di fermare un gigante globale. Il caso di Jaguar Land Rover è un campanello d'allarme per l'intero settore automotive, che si scopre un obiettivo sempre più attraente per i cybercriminali a causa dell'enorme quantità di dati sensibili gestiti e dell'impatto economico immediato che un blocco operativo può generare.
La vicenda di Jaguar Land Rover è un duro promemoria di come la cybersecurity sia diventata una priorità assoluta e non più un semplice costo operativo. Mentre l'azienda lavora senza sosta per ripristinare i sistemi e riavviare la produzione, il mondo osserva con attenzione. La rapidità e l'efficacia della risposta di JLR non determineranno solo il suo futuro a breve termine, ma potrebbero anche diventare un caso di studio cruciale per la gestione delle crisi informatiche nell'era dell'industria 4.0.
Fotografie del 25/09/2025
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