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La guerra a Big Tech si è spenta in silenzio
Di Alex (del 13/09/2025 @ 07:00:00, in Chiacchiere Varie, letto 50 volte)
Il Campidoglio a Washington, epicentro della battaglia (ora in stallo) contro lo strapotere delle Big Tech.
Il Campidoglio a Washington, epicentro della battaglia (ora in stallo) contro lo strapotere delle Big Tech.

Ricordate i proclami battaglieri di qualche anno fa? Politici da entrambi gli schieramenti tuonavano contro lo strapotere di Google, Amazon, Meta e Apple, promettendo di "spezzare" i monopoli e ripristinare la concorrenza. Sembrava l'alba di una nuova era antitrust. Oggi, di quel fervore non resta che un silenzio assordante. La grande guerra a Big Tech si è spenta senza vinti né vincitori apparenti, ma con un risultato chiarissimo: le grandi aziende tecnologiche sono ancora qui, più potenti che mai. LEGGI TUTTO

Cosa è andato storto? L'illusione di un fronte unito
Inizialmente, la crociata contro Big Tech godeva di un raro consenso bipartisan. Repubblicani e Democratici erano d'accordo su un punto: il potere concentrato nelle mani di poche aziende della Silicon Valley era diventato un problema per l'economia e la democrazia. Tuttavia, questo fronte si è sgretolato non appena si è passati dalle parole ai fatti. Le proposte di legge, come l'American Innovation and Choice Online Act, si sono arenate in un pantano di veti incrociati e dispute ideologiche, dimostrando che un conto è denunciare un problema, un altro è mettersi d'accordo sulla soluzione.

Il muro di gomma della lobby tecnologica
Non si può ignorare il fattore più determinante: il potere economico e di influenza delle stesse aziende sotto accusa. Le Big Tech hanno dispiegato una delle più imponenti e costose campagne di lobbying della storia. Con un esercito di avvocati, consulenti ed ex politici a libro paga, hanno inondato Washington, finanziando centri studi, associazioni di facciata e campagne pubblicitarie mirate a convincere legislatori e opinione pubblica che un antitrust aggressivo avrebbe danneggiato l'innovazione americana e favorito la concorrenza cinese. Un muro di gomma contro cui ogni iniziativa politica ha finito per rimbalzare.

Le battaglie in tribunale: una cronologia di successi parziali e sconfitte
Mentre il fronte legislativo si dissolveva, la battaglia si è spostata nelle aule di tribunale, con risultati altalenanti. La Federal Trade Commission (FTC), guidata dalla combattiva Lina Khan, e il Dipartimento di Giustizia (DOJ) hanno avviato diverse cause importanti, ma il bilancio è magro.


  • DOJ vs Google: L'unica vera, grande battaglia ancora in corso. Il caso si concentra sul monopolio di Google nel mercato della ricerca e della pubblicità online. È un processo complesso e lungo, il cui esito è ancora incerto, ma rappresenta l'ultima vera speranza per l'antitrust.

  • FTC vs Meta: Il tentativo della FTC di costringere Meta a vendere Instagram e WhatsApp si è scontrato con enormi difficoltà legali, evidenziando quanto sia difficile smantellare retroattivamente fusioni approvate anni prima.

  • FTC vs Amazon: Anche la causa contro le pratiche anticoncorrenziali di Amazon nel suo marketplace procede a rilento, ostacolata dalla complessità intrinseca del modello di business dell'azienda.

  • Leggi fallite: L'American Innovation and Choice Online Act e l'OPEN App Markets Act, che miravano a regolare gli app store di Apple e Google, non sono mai arrivate al voto finale, di fatto archiviate.


Alla fine, la rinascita dell'antitrust tecnologico sembra essere finita. La combinazione letale di complessità legale, inerzia politica e un lobbying potentissimo ha spento lo slancio riformatore. Le Big Tech hanno dimostrato di poter resistere alla più grande offensiva politica e legale degli ultimi decenni, uscendone quasi indenni. Questo non significa solo che il loro potere rimarrà incontrastato, ma pone una domanda inquietante per il futuro: se neanche la potenza combinata del governo statunitense è riuscita a scalfirle, chi potrà farlo?