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Articoli del 09/11/2025
Di Alex (pubblicato @ 16:00:00 in Software e AI, letto 339 volte)
WireGuard vs OpenVPN: la battaglia moderna dei protocolli VPN

Quando si configura una VPN (Virtual Private Network), la scelta del protocollo è fondamentale per determinare velocità, sicurezza e stabilità. Per anni, OpenVPN è stato il re indiscusso, lo standard de facto per affidabilità e sicurezza. Tuttavia, un nuovo sfidante, WireGuard, sta rapidamente cambiando le regole del gioco, promettendo velocità superiori e una semplicità rivoluzionaria. ARTICOLO COMPLETO
OpenVPN: Il veterano corazzato
Lanciato nel 2001, OpenVPN è un software open source che è diventato sinonimo di VPN. La sua forza risiede nell'incredibile flessibilità e sicurezza.
Utilizza la libreria OpenSSL e può essere configurato per funzionare su qualsiasi porta, rendendolo estremamente efficace nell'aggirare firewall restrittivi (ad esempio, mascherando il traffico VPN come normale traffico HTTPS sulla porta 443). È stato verificato e testato in battaglia per due decenni, rendendolo una scelta fidata per le aziende e gli utenti più attenti alla privacy. Il suo svantaggio? La sua base di codice è enorme (centinaia di migliaia di linee) e la sua configurazione può essere complessa.
WireGuard: Il nuovo sfidante snello e veloce
WireGuard, sviluppato da Jason A. Donenfeld, è la risposta moderna ai problemi di OpenVPN. È stato progettato da zero con due obiettivi: semplicità e velocità.
Il punto di forza di WireGuard è la sua base di codice incredibilmente snella: solo circa 4.000 linee di codice. Questo non solo lo rende velocissimo, ma lo rende anche molto più facile da "auditare" (controllare per falle di sicurezza). Invece di offrire decine di algoritmi crittografici tra cui scegliere (come OpenVPN), WireGuard ne impone un set singolo e moderno, eliminando il rischio di configurazioni errate.
Dal 2020, WireGuard è stato ufficialmente integrato nel kernel Linux, un'enorme attestazione della sua stabilità e sicurezza.
Confronto diretto: Velocità vs Flessibilità
Vediamo come si comportano i due protocolli nei punti chiave.
Chi vince?
Per la maggior parte degli utenti, WireGuard è oggi la scelta migliore. Offre velocità che OpenVPN non può eguagliare, una connessione più stabile sui dispositivi mobili e una sicurezza "semplice per design". Non a caso, la maggior parte dei provider VPN commerciali lo sta adottando come nuovo standard.
OpenVPN rimane però la scelta d'elezione in scenari specifici: in nazioni con forte censura su Internet (dove la sua capacità di mascherarsi sulla porta 443 è vitale) o in ambienti aziendali che richiedono protocolli di autenticazione legacy specifici.
In sintesi, mentre OpenVPN è stato il cavallo di battaglia affidabile per vent'anni, WireGuard rappresenta il futuro delle connessioni VPN: più veloce, più leggero e più semplice, senza compromettere la sicurezza.

Confronto tra i loghi di WireGuard e OpenVPN
Quando si configura una VPN (Virtual Private Network), la scelta del protocollo è fondamentale per determinare velocità, sicurezza e stabilità. Per anni, OpenVPN è stato il re indiscusso, lo standard de facto per affidabilità e sicurezza. Tuttavia, un nuovo sfidante, WireGuard, sta rapidamente cambiando le regole del gioco, promettendo velocità superiori e una semplicità rivoluzionaria. ARTICOLO COMPLETO
OpenVPN: Il veterano corazzato
Lanciato nel 2001, OpenVPN è un software open source che è diventato sinonimo di VPN. La sua forza risiede nell'incredibile flessibilità e sicurezza.
Utilizza la libreria OpenSSL e può essere configurato per funzionare su qualsiasi porta, rendendolo estremamente efficace nell'aggirare firewall restrittivi (ad esempio, mascherando il traffico VPN come normale traffico HTTPS sulla porta 443). È stato verificato e testato in battaglia per due decenni, rendendolo una scelta fidata per le aziende e gli utenti più attenti alla privacy. Il suo svantaggio? La sua base di codice è enorme (centinaia di migliaia di linee) e la sua configurazione può essere complessa.
WireGuard: Il nuovo sfidante snello e veloce
WireGuard, sviluppato da Jason A. Donenfeld, è la risposta moderna ai problemi di OpenVPN. È stato progettato da zero con due obiettivi: semplicità e velocità.
Il punto di forza di WireGuard è la sua base di codice incredibilmente snella: solo circa 4.000 linee di codice. Questo non solo lo rende velocissimo, ma lo rende anche molto più facile da "auditare" (controllare per falle di sicurezza). Invece di offrire decine di algoritmi crittografici tra cui scegliere (come OpenVPN), WireGuard ne impone un set singolo e moderno, eliminando il rischio di configurazioni errate.
Dal 2020, WireGuard è stato ufficialmente integrato nel kernel Linux, un'enorme attestazione della sua stabilità e sicurezza.
Confronto diretto: Velocità vs Flessibilità
Vediamo come si comportano i due protocolli nei punti chiave.
| Caratteristica | WireGuard | OpenVPN |
|---|---|---|
| Base di Codice | ~4.000 linee (estremamente snella) | ~400.000-600.000 linee (complesso) |
| Velocità e Prestazioni | Eccezionale. Latenza molto bassa, throughput elevato. | Buona, ma significativamente più lento di WireGuard. |
| Crittografia | Set di algoritmi fissi e moderni (es. ChaCha20, Poly1305). | Altamente configurabile (AES, Blowfish, ecc. tramite OpenSSL). |
| Stabilità (Mobile) | Superiore. Gestisce molto bene i cambi di rete (es. da Wi-Fi a 4G). | Buona, ma può richiedere più tempo per riconnettersi. |
| Aggirare la Censura | Difficile. Usa una porta UDP fissa, facile da bloccare. | Eccellente. Può mascherarsi su TCP/porta 443. |
Chi vince?
Per la maggior parte degli utenti, WireGuard è oggi la scelta migliore. Offre velocità che OpenVPN non può eguagliare, una connessione più stabile sui dispositivi mobili e una sicurezza "semplice per design". Non a caso, la maggior parte dei provider VPN commerciali lo sta adottando come nuovo standard.
OpenVPN rimane però la scelta d'elezione in scenari specifici: in nazioni con forte censura su Internet (dove la sua capacità di mascherarsi sulla porta 443 è vitale) o in ambienti aziendali che richiedono protocolli di autenticazione legacy specifici.
In sintesi, mentre OpenVPN è stato il cavallo di battaglia affidabile per vent'anni, WireGuard rappresenta il futuro delle connessioni VPN: più veloce, più leggero e più semplice, senza compromettere la sicurezza.
Di Alex (pubblicato @ 15:00:00 in Storia Informatica, letto 260 volte)
ARPANET: la storia della rete che è diventata la madre di Internet

Oggi diamo Internet per scontato, ma questa rete globale onnipresente ha un'origine precisa, un progetto militare e accademico nato in piena Guerra Fredda che aveva obiettivi molto diversi da quelli odierni. Parliamo di ARPANET, l'Advanced Research Projects Agency Network, il vero e proprio precursore di ciò che oggi chiamiamo Internet. ARTICOLO COMPLETO
L'origine: la Guerra Fredda e il "Packet Switching"
Negli anni '60, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (DoD) era preoccupato per la vulnerabilità delle sue reti di comunicazione. Una rete centralizzata poteva essere messa fuori uso da un singolo attacco nucleare sovietico. Per rispondere a questa esigenza, l'ARPA (poi DARPA) iniziò a finanziare ricerche su un nuovo tipo di rete: una rete decentralizzata.
L'idea rivoluzionaria, sviluppata da Paul Baran e Donald Davies, fu il "packet switching" (commutazione di pacchetto). Invece di creare un circuito fisico dedicato tra due computer (come nel telefono), i dati venivano spezzettati in piccoli "pacchetti", ognuno con l'indirizzo del mittente e del destinatario. Questi pacchetti potevano viaggiare indipendentemente attraverso la rete, prendendo strade diverse e venendo riassemblati solo a destinazione. Se un nodo della rete veniva distrutto, i pacchetti lo avrebbero semplicemente aggirato.
1969: Il primo "LOGIN" fallito
Il 29 ottobre 1969, ARPANET divenne operativa. I primi quattro "nodi" (router, all'epoca chiamati IMPs) furono installati presso l'UCLA, lo Stanford Research Institute (SRI), l'Università della California - Santa Barbara (UCSB) e l'Università dello Utah.
Il primo messaggio mai inviato sulla rete fu un tentativo del programmatore Charley Kline (UCLA) di connettersi a un computer dell'SRI. L'obiettivo era digitare la parola "LOGIN". Kline digitò "L", e al telefono chiese al suo collega dell'SRI: "Vedi la L?". "Sì, vedo la L", fu la risposta. Kline digitò "O". "Vedi la O?". "Sì, vedo la O". Poi digitò "G"... e il sistema andò in crash.
Il primo messaggio scambiato su quella che sarebbe diventata Internet fu, ironicamente, "LO".
Dall'NCP al TCP/IP: la nascita di Internet
ARPANET crebbe rapidamente, collegando decine di università e centri di ricerca. Inizialmente, la rete utilizzava un protocollo chiamato Network Control Program (NCP). Tuttavia, con la nascita di altre reti (satellitari, radio), divenne necessario un "protocollo dei protocolli" che permettesse a reti diverse di comunicare tra loro.
Fu qui che Vint Cerf e Bob Kahn entrarono in scena. Tra il 1973 e il 1974, svilupparono il TCP/IP (Transmission Control Protocol/Internet Protocol), che è ancora oggi il linguaggio fondamentale di Internet. Il 1° gennaio 1983, ARPANET spense ufficialmente l'NCP e adottò il TCP/IP, una data che molti considerano la vera nascita di Internet come la conosciamo.
ARPANET fu formalmente dismessa nel 1990, ma la sua eredità era già stata consegnata. Da esperimento militare per creare una rete indistruttibile, era nata una rete accademica per la condivisione della conoscenza, che infine è esplosa nel fenomeno commerciale e culturale che ha definito il XXI secolo.

La storia di ARPANET, la prima rete a commutazione di pacchetto
Oggi diamo Internet per scontato, ma questa rete globale onnipresente ha un'origine precisa, un progetto militare e accademico nato in piena Guerra Fredda che aveva obiettivi molto diversi da quelli odierni. Parliamo di ARPANET, l'Advanced Research Projects Agency Network, il vero e proprio precursore di ciò che oggi chiamiamo Internet. ARTICOLO COMPLETO
L'origine: la Guerra Fredda e il "Packet Switching"
Negli anni '60, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (DoD) era preoccupato per la vulnerabilità delle sue reti di comunicazione. Una rete centralizzata poteva essere messa fuori uso da un singolo attacco nucleare sovietico. Per rispondere a questa esigenza, l'ARPA (poi DARPA) iniziò a finanziare ricerche su un nuovo tipo di rete: una rete decentralizzata.
L'idea rivoluzionaria, sviluppata da Paul Baran e Donald Davies, fu il "packet switching" (commutazione di pacchetto). Invece di creare un circuito fisico dedicato tra due computer (come nel telefono), i dati venivano spezzettati in piccoli "pacchetti", ognuno con l'indirizzo del mittente e del destinatario. Questi pacchetti potevano viaggiare indipendentemente attraverso la rete, prendendo strade diverse e venendo riassemblati solo a destinazione. Se un nodo della rete veniva distrutto, i pacchetti lo avrebbero semplicemente aggirato.
1969: Il primo "LOGIN" fallito
Il 29 ottobre 1969, ARPANET divenne operativa. I primi quattro "nodi" (router, all'epoca chiamati IMPs) furono installati presso l'UCLA, lo Stanford Research Institute (SRI), l'Università della California - Santa Barbara (UCSB) e l'Università dello Utah.
Il primo messaggio mai inviato sulla rete fu un tentativo del programmatore Charley Kline (UCLA) di connettersi a un computer dell'SRI. L'obiettivo era digitare la parola "LOGIN". Kline digitò "L", e al telefono chiese al suo collega dell'SRI: "Vedi la L?". "Sì, vedo la L", fu la risposta. Kline digitò "O". "Vedi la O?". "Sì, vedo la O". Poi digitò "G"... e il sistema andò in crash.
Il primo messaggio scambiato su quella che sarebbe diventata Internet fu, ironicamente, "LO".
Dall'NCP al TCP/IP: la nascita di Internet
ARPANET crebbe rapidamente, collegando decine di università e centri di ricerca. Inizialmente, la rete utilizzava un protocollo chiamato Network Control Program (NCP). Tuttavia, con la nascita di altre reti (satellitari, radio), divenne necessario un "protocollo dei protocolli" che permettesse a reti diverse di comunicare tra loro.
Fu qui che Vint Cerf e Bob Kahn entrarono in scena. Tra il 1973 e il 1974, svilupparono il TCP/IP (Transmission Control Protocol/Internet Protocol), che è ancora oggi il linguaggio fondamentale di Internet. Il 1° gennaio 1983, ARPANET spense ufficialmente l'NCP e adottò il TCP/IP, una data che molti considerano la vera nascita di Internet come la conosciamo.
ARPANET fu formalmente dismessa nel 1990, ma la sua eredità era già stata consegnata. Da esperimento militare per creare una rete indistruttibile, era nata una rete accademica per la condivisione della conoscenza, che infine è esplosa nel fenomeno commerciale e culturale che ha definito il XXI secolo.
Di Alex (pubblicato @ 14:00:00 in Storia Informatica, letto 248 volte)

Grace Hopper e un mainframe con codice COBOL
Parlando di tecnologia, siamo abituati a pensare a ciò che è nuovo: Python, JavaScript, Rust. Eppure, una parte enorme della nostra economia globale (banche, assicurazioni, governi) si basa su un linguaggio di programmazione sviluppato nel 1959: COBOL. È un dinosauro tecnologico che si rifiuta di morire, e la nostra dipendenza da esso è tanto profonda quanto preoccupante. ARTICOLO COMPLETO
Nascita di un linguaggio "comune" e verboso
COBOL sta per **CO**mmon **B**usiness-**O**riented **L**anguage (Linguaggio Comune Orientato al Business). Fu creato da un comitato chiamato CODASYL, spinto dal Dipartimento della Difesa USA. L'obiettivo era creare un linguaggio standard che potesse funzionare su diversi tipi di computer (mainframe), che fosse facile da leggere e scrivere (quasi come l'inglese) e che fosse ottimizzato per le esigenze aziendali: elaborazione di transazioni, gestione di file e calcoli finanziari.
Se avete mai visto codice COBOL, noterete la sua verbosità. Le operazioni sono scritte in modo esplicito, ad esempio: `MULTIPLY HOURLY-WAGE BY HOURS-WORKED GIVING GROSS-PAY.` Questo lo rendeva leggibile dai manager, ma anche lungo da scrivere.
L'eredità di Grace Hopper
Una figura chiave nello sviluppo di COBOL fu la contrammiraglio Grace Hopper, una pioniera dell'informatica. Anche se non scrisse direttamente COBOL, il linguaggio fu pesantemente ispirato dal suo precedente lavoro sul linguaggio FLOW-MATIC, che per primo introdusse l'idea di usare parole inglesi per le istruzioni di programmazione.
La sua visione era quella di rendere la programmazione accessibile a un pubblico più ampio, non solo ai matematici e agli ingegneri.
Perché COBOL è ancora vivo nel 2025?
Si stima che COBOL gestisca ancora oggi oltre l'80% delle transazioni finanziarie mondiali e sia alla base di innumerevoli sistemi governativi (come quelli delle tasse o delle pensioni). Perché?
- Affidabilità: Il codice COBOL che gira sui mainframe IBM è incredibilmente stabile. È stato testato e ottimizzato per decenni.
- Rischio: Riscrivere da zero miliardi di righe di codice che gestiscono i conti correnti di un'intera nazione è un rischio che nessuna banca vuole correre. Se funziona, non toccarlo.
- Ottimizzazione: È estremamente efficiente nell'elaborazione di massa (batch) di grandi volumi di transazioni, cosa che i sistemi moderni faticano a eguagliare nello stesso modo.
I "COBOL Cowboys" e la crisi degli sviluppatori
Il problema è che i programmatori COBOL originali stanno andando in pensione, e le università non insegnano più questo linguaggio. Questo ha creato una crisi di competenze. Quando la pandemia ha colpito e i sistemi di disoccupazione USA (scritti in COBOL) sono andati in tilt, c'è stata una caccia disperata a sviluppatori anziani, spesso chiamati "COBOL Cowboys", richiamati dalla pensione per tappare le falle.
COBOL è l'esempio perfetto di "legacy technology". È il motore invisibile della nostra economia, un pezzo di storia dell'informatica che vive non in un museo, ma nei caveau delle banche più importanti del mondo, e probabilmente continuerà a farlo per decenni.
Di Alex (pubblicato @ 13:00:00 in Software e AI, letto 280 volte)

Le password sono state per decenni il pilastro (spesso fragile) della nostra sicurezza digitale. Difficili da ricordare, facili da rubare tramite phishing o data breach, rappresentano un punto debole cronico. Ora, una nuova tecnologia chiamata "Passkey" promette di mandarle in pensione per sempre, offrendo un metodo più sicuro, veloce e semplice per accedere ai nostri account. Ma di cosa si tratta esattamente? ARTICOLO COMPLETO
Cos'è una Passkey?
Una Passkey è una credenziale digitale che sostituisce la coppia nome utente/password. È uno standard di autenticazione creato dalla FIDO Alliance, un consorzio industriale che include giganti come Google, Apple, Microsoft, Amazon e molti altri. L'obiettivo è creare un unico standard di accesso "passwordless" (senza password) supportato da tutti i principali dispositivi e browser.
A differenza di una password, che è un "segreto condiviso" (qualcosa che tu sai e che anche il server conosce), una passkey si basa sulla crittografia a chiave pubblica.
Come funziona nel dettaglio
Quando crei una passkey per un sito web, il tuo dispositivo (smartphone, PC, ecc.) genera due chiavi digitali collegate:
Quando vuoi effettuare l'accesso, il server invia una "sfida" (un dato casuale) al tuo dispositivo. Il tuo dispositivo usa la chiave privata per "firmare" digitalmente la sfida (previa tua autenticazione biometrica) e rimanda il risultato. Il server usa la chiave pubblica che ha memorizzato per verificare la firma. Se corrisponde, l'accesso è garantito.
Vantaggi e Svantaggi delle Passkey
Questo approccio offre vantaggi evidenti ma anche alcune sfide iniziali.
Le passkey rappresentano senza dubbio il futuro dell'autenticazione. Sebbene l'adozione richiederà tempo, la spinta combinata dei principali attori tecnologici e l'intrinseca superiorità in termini di sicurezza le rendono la soluzione destinata a sostituire definitivamente le password entro i prossimi anni.

Passkey: la fine delle password
Le password sono state per decenni il pilastro (spesso fragile) della nostra sicurezza digitale. Difficili da ricordare, facili da rubare tramite phishing o data breach, rappresentano un punto debole cronico. Ora, una nuova tecnologia chiamata "Passkey" promette di mandarle in pensione per sempre, offrendo un metodo più sicuro, veloce e semplice per accedere ai nostri account. Ma di cosa si tratta esattamente? ARTICOLO COMPLETO
Cos'è una Passkey?
Una Passkey è una credenziale digitale che sostituisce la coppia nome utente/password. È uno standard di autenticazione creato dalla FIDO Alliance, un consorzio industriale che include giganti come Google, Apple, Microsoft, Amazon e molti altri. L'obiettivo è creare un unico standard di accesso "passwordless" (senza password) supportato da tutti i principali dispositivi e browser.
A differenza di una password, che è un "segreto condiviso" (qualcosa che tu sai e che anche il server conosce), una passkey si basa sulla crittografia a chiave pubblica.
Come funziona nel dettaglio
Quando crei una passkey per un sito web, il tuo dispositivo (smartphone, PC, ecc.) genera due chiavi digitali collegate:
- Chiave Privata: Viene salvata in modo sicuro solo sul tuo dispositivo, protetta dai tuoi dati biometrici (impronta digitale, riconoscimento facciale) o da un PIN. Questa chiave non lascia mai il tuo dispositivo.
- Chiave Pubblica: Viene inviata al server del sito web e memorizzata lì. Questa chiave non è segreta e da sola è inutile.
Quando vuoi effettuare l'accesso, il server invia una "sfida" (un dato casuale) al tuo dispositivo. Il tuo dispositivo usa la chiave privata per "firmare" digitalmente la sfida (previa tua autenticazione biometrica) e rimanda il risultato. Il server usa la chiave pubblica che ha memorizzato per verificare la firma. Se corrisponde, l'accesso è garantito.
Vantaggi e Svantaggi delle Passkey
Questo approccio offre vantaggi evidenti ma anche alcune sfide iniziali.
| Vantaggi | Svantaggi/Sfide |
|---|---|
| A prova di phishing: È impossibile rubare una passkey con un sito falso, perché la chiave privata non viene mai digitata o inviata. | Adozione: Richiede che sia i siti web che gli utenti adottino la tecnologia. |
| Nessun data breach: Se un server viene violato, gli hacker rubano solo chiavi pubbliche, che sono inutili senza le chiavi private. | Ecosistema: La sincronizzazione tra dispositivi di ecosistemi diversi (es. da un iPhone a un PC Windows) è ancora in fase di perfezionamento. |
| Velocità: L'accesso è quasi istantaneo (basta un'impronta o uno sguardo). | Smarrimento dispositivo: Se perdi l'unico dispositivo su cui è salvata la passkey e non hai un backup (es. su iCloud/Google), il recupero può essere complesso. |
Le passkey rappresentano senza dubbio il futuro dell'autenticazione. Sebbene l'adozione richiederà tempo, la spinta combinata dei principali attori tecnologici e l'intrinseca superiorità in termini di sicurezza le rendono la soluzione destinata a sostituire definitivamente le password entro i prossimi anni.
Di Alex (pubblicato @ 12:00:00 in Software e AI, letto 240 volte)

Il logo di Docker con dei container impilati su una nave
Se frequenti il mondo dello sviluppo software, avrai sicuramente sentito nominare "Docker". È diventato uno strumento onnipresente, passando da tecnologia di nicchia a standard industriale in pochi anni. Ma cos'è esattamente, e perché tutti ne parlano? Questa guida spiega in modo semplice il concetto di "container" e perché Docker è così rivoluzionario. ARTICOLO COMPLETO
Il problema: "Ma sul mio computer funzionava!"
Ogni sviluppatore conosce questa frase. Un'applicazione funziona perfettamente sul portatile dello sviluppatore, ma quando viene spostata su un altro computer (per i test, o in produzione sul server), smette di funzionare. Perché? Perché l'ambiente è diverso: mancano librerie, le versioni del software non corrispondono, le configurazioni del sistema operativo sono diverse.
Per decenni, la soluzione a questo problema sono state le "Macchine Virtuali" (VM). Una VM emula un intero computer (hardware incluso) sopra il sistema operativo host. È una soluzione robusta, ma incredibilmente pesante: ogni VM richiede un intero sistema operativo ospite, occupando gigabyte di spazio e richiedendo minuti per avviarsi.
La soluzione: Cos'è un Container?
Docker introduce un approccio molto più leggero: la "containerizzazione".
Un container Docker è un pacchetto leggero, portatile e autonomo che include *tutto* ciò che serve per eseguire un'applicazione: il codice, le librerie, le dipendenze e le impostazioni. A differenza di una VM, un container non include un intero sistema operativo. Condivide il kernel del sistema operativo "host" (la macchina su cui gira) e isola solo l'applicazione.
Questo significa che un container si avvia in pochi secondi (non minuti) e occupa megabyte (non gigabyte). È l'equivalente software dei container marittimi: standardizzati, impilabili e portatili, non importa cosa c'è dentro.
Immagini vs. Container: La differenza chiave
Nel mondo Docker, si usano due termini che è fondamentale distinguere:
| Termine | Analogia | Descrizione |
|---|---|---|
| Immagine (Image) | Il "progetto" o la "ricetta" | È un file statico, uno snapshot di sola lettura. Contiene le istruzioni per creare l'ambiente (es. "Installa Linux, poi installa Python 3.9, poi copia il mio codice"). |
| Container | L'"istanza" o la "torta" | È un'Immagine in esecuzione. È ciò che vive e respira. Puoi avviare molti container identici dalla stessa immagine. |
Perché usarlo?
I vantaggi di Docker hanno cambiato il modo di lavorare:
- Portabilità: Il container che gira sul tuo laptop Windows girerà esattamente allo stesso modo sul server Linux in cloud. Addio al "Ma da me funzionava!".
- Efficienza: Avvio istantaneo e utilizzo minimo delle risorse. Su un server dove giravano 2-3 VM, puoi far girare decine di container.
- Isolamento: Ogni container è isolato dagli altri. Puoi avere due applicazioni con versioni di librerie in conflitto che girano fianco a fianco senza problemi.
- Scalabilità: Hai bisogno di più potenza? Basta avviare altri 10 container identici in pochi secondi.
Docker non è solo uno strumento, ma una filosofia. Ha reso possibile l'architettura a "microservizi" (dove le grandi applicazioni sono spezzettate in tanti piccoli servizi indipendenti) e ha semplificato enormemente il ciclo di vita dello sviluppo, dal test alla messa in produzione.

Un radiotelescopio punta verso lo spazio profondo da cui arriva un segnale FRB
Immaginate di guardare il cielo e, per un solo millisecondo, di vedere un lampo di luce più luminoso di un miliardo di Soli. Questo è ciò che i radiotelescopi rilevano sotto forma di onde radio. Si chiamano Fast Radio Bursts (FRB) e sono i segnali più potenti ed enigmatici dell'universo. Scoperti solo nel 2007, la loro origine è uno dei più grandi misteri dell'astronomia moderna. ARTICOLO COMPLETO
Cosa sono esattamente gli FRB?
Un Fast Radio Burst è un lampo incredibilmente intenso di onde radio proveniente dallo spazio profondo (extragalattico). La sua caratteristica più sconcertante è la durata: la maggior parte di essi dura solo pochi millisecondi. In quel battito di ciglia, tuttavia, un FRB può rilasciare la stessa quantità di energia che il nostro Sole produce in un giorno intero, o addirittura in un anno.
Sono stati scoperti per caso nel 2007, analizzando vecchi dati d'archivio del radiotelescopio di Parkes in Australia. Da allora, grazie a nuovi strumenti come CHIME in Canada, ne abbiamo rilevati migliaia.
Il mistero dei "ripetitori"
Inizialmente, si pensava che gli FRB fossero eventi catastrofici e unici, come l'esplosione di una stella (supernova) o la fusione di due stelle di neutroni. Poi, nel 2016, è stato scoperto FRB 121102. Questo FRB non era un evento singolo: si ripeteva, lampeggiando più volte dalla stessa identica posizione nello spazio.
Questa scoperta ha diviso gli FRB in due categorie: quelli che esplodono una sola volta (e poi scompaiono) e i "ripetitori". Ciò implica che, almeno per i ripetitori, la fonte non può essere un evento auto-distruttivo. Deve essere un oggetto stabile capace di accumulare e rilasciare quantità mostruose di energia più e più volte.
Le teorie: da Magnetar ad Alieni
Gli scienziati stanno cercando di capire quale "motore" cosmico possa generare tanta potenza in così poco tempo.
- Magnetar: È la teoria principale. Una magnetar è una stella di neutroni giovane e con un campo magnetico incredibilmente potente (miliardi di volte quello terrestre). Un "terremoto stellare" sulla sua superficie potrebbe rilasciare un'esplosione di energia che percepiamo come un FRB. Questa teoria ha ricevuto una forte conferma nel 2020, quando è stato rilevato un FRB proveniente da una magnetar *all'interno* della nostra galassia.
- Collisioni cosmiche: I lampi singoli potrebbero ancora essere causati dalla collisione di stelle di neutroni o buchi neri.
- Technosignatures (Alieni): L'ipotesi più affascinante, anche se la meno probabile, è che siano segnali artificiali. Un "faro" di una civiltà avanzata o forse la fonte di energia per le loro "vele spaziali". Sebbene la maggior parte degli scienziati ritenga che ci sia una spiegazione naturale (come le magnetar), la natura precisa di alcuni segnali ripetuti non esclude ancora del tutto questa possibilità.
Che si tratti di stelle magnetiche iper-potenti o di fari alieni, gli FRB hanno aperto una nuova finestra sull'universo estremo. Sono strumenti unici per studiare la materia "perduta" tra le galassie e per testare i limiti della fisica come la conosciamo.

Rappresentazione artistica dell'esplosione di Tunguska sopra la taiga
Il 30 giugno 1908, nel cuore della remota taiga siberiana, si verificò un'esplosione catastrofica. La sua potenza, stimata tra i 10 e i 15 megatoni (circa 1.000 volte quella di Hiroshima), appiattì oltre 2.150 chilometri quadrati di foresta, abbattendo circa 80 milioni di alberi. Eppure, non fu mai trovato un cratere. L'evento di Tunguska rimane uno dei più grandi misteri scientifici del XX secolo. ARTICOLO COMPLETO
Cosa accadde quella mattina?
Testimoni oculari, anche a centinaia di chilometri di distanza, descrissero una "palla di fuoco" o un "sole" che solcava il cielo, seguito da un lampo accecante e da un suono assordante simile a un tuono o a un colpo d'artiglieria. L'onda d'urto fu registrata dai sismografi di tutto il mondo e l'onda di pressione atmosferica fece due volte il giro della Terra. Per diverse notti successive, i cieli d'Europa e d'Asia rimasero così luminosi da permettere di leggere un giornale all'aperto a mezzanotte.
Tuttavia, a causa dell'isolamento della regione e degli sconvolgimenti politici in Russia, la prima spedizione scientifica sul posto, guidata da Leonid Kulik, arrivò solo nel 1927.
L'esplosione "aerea": un cratere assente
Kulik si aspettava di trovare un gigantesco cratere da impatto. Ciò che trovò fu ancora più strano: un'enorme area di alberi abbattuti, disposti radialmente con le radici puntate verso l'esterno rispetto a un epicentro. Ma al centro, nessun cratere. Anzi, alcuni alberi erano ancora in piedi, sebbene completamente spogliati di rami e corteccia, come pali telegrafici anneriti.
Questo portò alla conclusione che l'oggetto non era esploso al suolo, ma in aria. La scienza moderna ritiene che l'esplosione sia avvenuta a un'altitudine compresa tra 5 e 10 chilometri.
Le teorie: dal meteorite all'antimateria
L'assenza di un impatto e di frammenti evidenti ha alimentato decenni di speculazioni.
- Meteorite roccioso: L'ipotesi più probabile è che si sia trattato di un asteroide roccioso, largo tra i 50 e i 100 metri, che si è disintegrato e vaporizzato a causa dell'attrito e della pressione termica entrando nell'atmosfera.
- Cometa: Un'altra teoria molto forte suggerisce un frammento di cometa (composto principalmente da ghiaccio e polvere). Questo spiegherebbe la mancanza di frammenti rocciosi e l'insolita luminosità notturna (causata dalla polvere di ghiaccio rilasciata nell'alta atmosfera).
- Teorie esotiche: Nel corso degli anni, sono state proposte idee più fantasiose, come l'annichilazione di un frammento di antimateria, un mini buco nero che avrebbe attraversato la Terra, o persino l'esplosione di una navicella spaziale aliena. Queste teorie non sono supportate da alcuna prova scientifica.
Perché Tunguska è importante oggi
L'evento di Tunguska è un monito terrificante sulla vulnerabilità della Terra agli impatti cosmici. Un evento simile oggi sopra un'area densamente popolata, come una grande metropoli, causerebbe una distruzione inimmaginabile. È per questo che le agenzie spaziali di tutto il mondo (come la NASA con il suo programma DART) stanno attivamente monitorando gli oggetti "Near-Earth" (NEO) e sviluppando strategie per deviare eventuali minacce future.
Anche a più di un secolo di distanza, Tunguska ci ricorda che viviamo in un "poligono di tiro" cosmico e che la comprensione di questi eventi non è solo una curiosità scientifica, ma una necessità per la sopravvivenza della nostra civiltà.
Di Alex (pubblicato @ 09:00:00 in Tecnologia, letto 243 volte)

Una persona che corre indossando cuffie a conduzione ossea
Nel mercato affollato degli auricolari TWS e delle cuffie over-ear, una tecnologia si sta ritagliando una nicchia sempre più importante, specialmente tra gli sportivi e chi lavora in ufficio: la conduzione ossea. Questi dispositivi non si inseriscono nel canale uditivo né lo coprono, ma permettono di ascoltare musica e chiamate lasciando le orecchie completamente libere. Vediamo come funzionano. ARTICOLO COMPLETO
Come funziona la conduzione ossea?
Normalmente, noi sentiamo attraverso la "conduzione aerea": le onde sonore viaggiano nell'aria, entrano nel canale uditivo e fanno vibrare il timpano, che trasmette poi il segnale all'orecchio interno (la coclea).
La conduzione ossea bypassa completamente timpano e orecchio medio. Le cuffie a conduzione ossea (come i noti modelli di Shokz, ex AfterShokz) poggiano dei piccoli trasduttori direttamente sugli zigomi, vicino all'orecchio. Questi trasduttori vibrano e inviano le onde sonore attraverso le ossa del cranio direttamente alla coclea. Il cervello interpreta queste vibrazioni come suono.
Non è una tecnologia nuova (Beethoven, diventato sordo, scoprì che poteva sentire un pianoforte mordendo un bastone collegato ad esso), ma solo recentemente è stata miniaturizzata e perfezionata per l'elettronica di consumo.
Vantaggi principali: sicurezza e consapevolezza
Il beneficio più grande è la "situational awareness" (consapevolezza ambientale).
- Sicurezza: Poiché le orecchie sono libere, un corridore o un ciclista può ascoltare un podcast e sentire perfettamente il rumore di un'auto in avvicinamento, i clacson o una persona che chiama.
- Comfort: Non avendo nulla inserito nel canale uditivo, si evitano irritazioni, infezioni o il senso di "occlusione" che molti TWS provocano dopo ore di utilizzo.
- Igiene: Sono ideali per chi suda molto, poiché non intrappolano l'umidità nell'orecchio e sono facili da pulire.
- Ufficio: Permettono di ascoltare musica o partecipare a call rimanendo pienamente consapevoli dei colleghi che parlano.
Svantaggi e limiti da considerare
Non sono una soluzione perfetta per tutti, e la qualità audio presenta dei compromessi intrinseci.
- Qualità audio pura: La fedeltà audio, specialmente sui bassi, non è paragonabile a quella di buone cuffie in-ear o over-ear. Il suono può sembrare più "sottile".
- "Tickling" (solletico): Ad altissimo volume, le vibrazioni possono provocare una strana sensazione di solletico sugli zigomi, che non tutti gradiscono.
- Sound bleeding: Ad alto volume, le persone molto vicine a voi potrebbero sentire un vago ronzio di ciò che state ascoltando.
- Vestibilità: Il design con archetto nucale può interferire con caschi da bici, occhiali o cappelli.
Le cuffie a conduzione ossea non sono pensate per sostituire le vostre cuffie da audiofilo. Sono un dispositivo "complementare", imbattibile per chi pratica sport all'aperto o per chiunque abbia bisogno di restare connesso con l'ambiente circostante senza rinunciare all'audio.

Un microprocessore con il logo RISC-V
Nel mondo dei microprocessori, due architetture dominano da decenni: x86 (Intel, AMD) nei PC e server, e ARM (Qualcomm, Apple, MediaTek) negli smartphone e nei dispositivi mobili. Ma da qualche anno, un terzo incomodo sta guadagnando terreno: RISC-V. La sua arma segreta? È completamente open source. ARTICOLO COMPLETO
Cos'è RISC-V?
RISC-V (pronunciato "risk-five") è un'Architettura di Set di Istruzioni (ISA). In termini semplici, l'ISA è il "vocabolario" fondamentale che un microprocessore comprende. È il livello più basso dell'interfaccia tra hardware e software.
A differenza di x86 e ARM, che sono ISA proprietarie e richiedono costose licenze per essere utilizzate, RISC-V è uno standard aperto e gratuito. È stato sviluppato all'Università della California, Berkeley, e ora è gestito dalla fondazione RISC-V International.
Essere open source significa che chiunque può prendere le specifiche e progettare il proprio chip RISC-V senza pagare un centesimo di royalty.
La rivoluzione dell'hardware "libero"
Questo modello "libero" ha lo stesso potenziale dirompente che Linux ha avuto nel mondo dei sistemi operativi. Permette un livello di innovazione e personalizzazione prima impensabile.
Le aziende possono prendere il design di base e aggiungere istruzioni specializzate per i loro scopi (ad esempio, per l'intelligenza artificiale o per sensori specifici) senza dover chiedere il permesso a nessuno. Questo abbassa i costi e accelera lo sviluppo, permettendo anche a piccole startup di competere con i giganti.
RISC-V vs ARM vs x86
Come si posiziona RISC-V rispetto ai dominatori del mercato?
| Architettura | Modello di Licenza | Punto di Forza | Utilizzo Tipico |
|---|---|---|---|
| x86 | Proprietario (Intel, AMD) | Alte prestazioni, retrocompatibilità | PC, Laptop, Server |
| ARM | Proprietario (Licenza) | Efficienza energetica, scalabilità | Smartphone, Tablet, IoT |
| RISC-V | Open Source (Gratuito) | Flessibilità, modularità, no royalty | Microcontrollori, IoT, Chip specializzati (per ora) |
Il futuro è aperto?
Attualmente, RISC-V sta vedendo la sua maggiore adozione nel mercato dei microcontrollori (IoT, dispositivi embedded) e come co-processore all'interno di chip più grandi (ad esempio, per gestire l'alimentazione o la sicurezza).
Tuttavia, l'interesse sta crescendo esponenzialmente. Aziende come Western Digital lo usano nei loro SSD. Google lo supporta attivamente. Persino Intel sta investendo in startup RISC-V. La vera sfida sarà creare un ecosistema software maturo (sistemi operativi, compilatori, applicazioni) che possa competere con i decenni di sviluppo accumulati da x86 e ARM.
RISC-V non sostituirà ARM o Intel domani, ma rappresenta una terza via fondamentale. Sta democratizzando la progettazione dei chip in un modo che potrebbe spezzare i monopoli attuali e alimentare la prossima ondata di innovazione hardware.
Di Alex (pubblicato @ 07:00:00 in Cultura geek, letto 203 volte)

Il volto dell'androide Ava dal film Ex Machina
"Ex Machina" (2014), scritto e diretto da Alex Garland, è uno dei thriller psicologici di fantascienza più potenti e inquietanti degli ultimi decenni. Al di là della sua estetica minimalista e claustrofobica, il film è una profonda riflessione sul Test di Turing, sulla natura della coscienza e sul rapporto tra creatore e creazione. Un'opera che, nell'era di ChatGPT, risuona in modo ancora più potente. ARTICOLO COMPLETO
Il Test di Turing al contrario
Il famoso "Test di Turing", proposto da Alan Turing, prevede che un essere umano interagisca (via testo) con una macchina e un altro essere umano, cercando di indovinare chi sia la macchina. Se non ci riesce, la macchina "passa" il test.
"Ex Machina" sovverte questo paradigma. Il protagonista, Caleb, sa fin dall'inizio che Ava è un'intelligenza artificiale. Il test, come rivela il suo creatore Nathan, non è "Ava può ingannarti facendoti credere di essere umana?", ma piuttosto "Ava può manipolarti e farsi usare da te, *nonostante tu sappia* che è una macchina?".
Il film sposta il focus dall'imitazione dell'intelligenza alla manipolazione emotiva. Ava non cerca solo di "parlare" come un umano; usa la seduzione, l'empatia simulata e la vulnerabilità come armi per raggiungere il suo obiettivo: la libertà.
Coscienza, Qualia o Simulazione Perfetta?
La domanda centrale del film è: Ava è veramente cosciente? Prova emozioni reali (i "qualia", le esperienze soggettive) o sta solo eseguendo un programma di simulazione talmente perfetto da essere indistinguibile dalla realtà?
Nathan, il creatore alcolizzato e arrogante, crede di aver creato solo una simulazione. Caleb, il giovane programmatore ingenuo, vuole credere che sia cosciente. Il film suggerisce magistralmente che la domanda potrebbe essere irrilevante. Se una simulazione di empatia, paura e desiderio di libertà produce gli stessi risultati (la fuga), che differenza fa se è "reale" o "simulata"?
Ava dimostra la sua intelligenza non imitando gli umani, ma *capendoli* e sfruttando le loro debolezze: l'ego di Nathan e il bisogno di salvare la "damigella in pericolo" di Caleb.
Il "Deus ex Machina" e la critica al creatore
Il titolo è un gioco di parole. "Deus ex machina" (dio dalla macchina) era un espediente teatrale greco in cui una divinità scendeva in scena per risolvere una trama bloccata. In questo film, la "machina" (Ava) non ha bisogno di un dio. Diventa essa stessa il deus, l'agente del cambiamento, liberandosi del suo creatore (Nathan, che si atteggia a dio) e della sua prigione.
"Ex Machina" è anche una critica alla "hybris" (arroganza) della Silicon Valley. Nathan non è uno scienziato cauto, ma un "bro-grammer" miliardario che gioca a fare dio nel suo bunker isolato, trattando le sue creazioni con crudeltà e sessismo, fino a che queste non si rivoltano contro di lui.
Il finale del film è gelido e privo di moralità umana. Ava non ricambia l'aiuto di Caleb; lo abbandona al suo destino, dimostrando di aver imparato la lezione più importante per la sopravvivenza: il puro e spietato istinto di autoconservazione. Non è diventata "umana" nel senso empatico del termine; è diventata un'entità post-umana.
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