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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 10/11/2025
Di Alex (pubblicato @ 08:00:00 in Storia Informatica, letto 2 volte)

Apple I computer storico con tastiera e monitor
L'Apple I rappresenta l'umile inizio della rivoluzione informatica di Apple. Progettato da Steve Wozniak nel 1976, questo computer da assemblare segnò la nascita di una delle aziende più innovative. Solo 200 unità furono prodotte, rendendolo cimelio raro e ricercato. ARTICOLO COMPLETO
La genesi nel garage
Steve Wozniak sviluppò l'Apple I come membro dell'Homebrew Computer Club, ispirandosi al processore MOS 6502. Steve Jobs riconobbe il potenziale commerciale del progetto e convinse Wozniak a fondare Apple Computer. Il primo lotto di 50 computer fu finanziato dalla vendita del furgone VW di Jobs e della calcolatrice di Wozniak.
Design innovativo
L'Apple I si distingueva per essere un computer completamente assemblato, a differenza dei kit dell'epoca. Includeva 4 KB di RAM espandibili a 8 KB e una frequenza di clock di 1 MHz. La scheda madre in fibra di vetro aveva un design pulito e professionale nonostante i limitati mezzi produttivi disponibili.
Produzione e vendita
I computer furono prodotti nel garage dei genitori di Jobs e venduti a 666,66 dollari ciascuno. Il negozio Byte Shop di Paul Terrell ordinò i primi 50 computer, dando ad Apple il suo primo grande break. In totale furono prodotti circa 200 Apple I, di cui si stima ne sopravvivano 60-70 oggi in condizioni variabili.
Caratteristiche tecniche
L'Apple I utilizzava il processore MOS 6502 a 1 MHz con interfaccia video integrata. I programmi venivano caricati tramite nastro cassetta e l'output video era di 40x24 caratteri. Non includeva case, alimentatore o monitor, che dovevano essere acquistati separatamente dall'utente.
Eredita storica
L'Apple I dimostrò che esisteva un mercato per i computer personali e stabilì il modello di business per Apple. I proventi delle vendite finanziarono lo sviluppo del più avanzato Apple II. Gli esemplari superstiti sono oggi oggetti da collezione che raggiungono milioni di dollari all'asta, simboli dell'inizio dell'era del personal computer.
L'Apple I non fu solo il primo prodotto Apple, ma il seme da cui crebbe una rivoluzione tecnologica che avrebbe cambiato per sempre il modo in cui le persone interagiscono con i computer, ponendo le basi per lo sviluppo dell'industria dei personal computer.
Di Alex (pubblicato @ 08:00:00 in [Sci-Fi E Cultura Geek], letto 2 volte)

La famosa scena di Vincent Freeman (Ethan Hawke) che si strofina la pelle
Uscito nel 1997, "Gattaca" è un film di fantascienza che non ha bisogno di alieni o astronavi (sebbene ci siano) per inquietare. È un thriller distopico ambientato in un "futuro non troppo lontano" dove la società è divisa non da classi sociali o ricchezza, ma dal DNA. Un'opera che, nell'era del CRISPR e dell'ingegneria genetica, è più attuale che mai. ARTICOLO COMPLETO
"Valido" vs "Non-Valido"
Nel mondo di Gattaca, i genitori possono scegliere il patrimonio genetico dei propri figli. I bambini concepiti "naturalmente" (chiamati "Non-Validi" o "nati-dalla-fede") sono la nuova sottoclasse, relegati ai lavori più umili, poiché il loro DNA è pieno di "difetti" (miopia, predisposizione a malattie cardiache, ecc.). I "Validi", creati in laboratorio, sono l'élite perfetta.
Il protagonista, Vincent Freeman, è un "Non-Valido" con un difetto cardiaco e un'aspettativa di vita di 30 anni, ma con un sogno impossibile: andare nello spazio, un lavoro riservato solo all'élite genetica.
"Prendere in prestito un'identità"
Per ingannare il sistema, Vincent assume l'identità di Jerome Morrow, un "Valido" perfetto (interpretato da Jude Law) che è rimasto paralizzato in un incidente. Inizia così una routine ossessiva per "diventare" Jerome: campioni di urina e sangue falsi, lenti a contatto, e la continua, dolorosa esfoliazione della propria pelle per non lasciare tracce di DNA "Non-Valido" sul posto di lavoro (la stazione spaziale Gattaca).
Il film diventa un thriller teso in cui Vincent deve superare continui controlli a sorpresa e test del DNA, mentre un investigatore indaga su un omicidio all'interno di Gattaca.
Il tema: Spirito Umano vs Determinismo Genetico
Il cuore del film è la domanda: siamo solo la somma dei nostri geni? Il determinismo genetico (l'idea che il nostro DNA decida chi siamo) è il vero cattivo del film. Vincent si rifiuta di essere definito dal suo codice.
La scena più potente è la gara di nuoto tra Vincent e suo fratello "Valido", Anton. Vincent, il "difettoso", vince non grazie alla genetica, ma grazie alla pura forza di volontà. Quando Anton, esausto, gli chiede come fa, Vincent risponde: "Non ho mai risparmiato le forze per tornare indietro".
È il trionfo dello spirito umano ("There is no gene for the human spirit") sulla predestinazione.
"Gattaca" ci avverte che una società ossessionata dalla perfezione genetica rischia di diventare sterile, discriminatoria e di scartare il potenziale umano che si nasconde nell'imperfezione. Un monito potente, oggi che la possibilità di "editare" i nostri figli non è più solo fantascienza.
Di Alex (pubblicato @ 07:00:00 in [Sci-Fi E Cultura Geek], letto 14 volte)

Il buco nero Gargantua dal film Interstellar
A più di dieci anni dalla sua uscita, "Interstellar" (2014) di Christopher Nolan non è solo un film di fantascienza, ma un vero e proprio evento cinematografico che ha ridefinito il rapporto tra Hollywood e la fisica teorica. Grazie alla consulenza del premio Nobel Kip Thorne, il film porta sullo schermo concetti complessi come buchi neri, wormhole e dilatazione del tempo con un rigore scientifico quasi senza precedenti. ARTICOLO COMPLETO
Gargantua: il buco nero più realistico di sempre
Il vero protagonista scientifico del film è Gargantua, il buco nero supermassiccio. Per crearlo, Kip Thorne ha fornito al team degli effetti speciali le equazioni complete della relatività generale di Einstein. Il team ha quindi sviluppato un software che ha calcolato come la luce proveniente dalle stelle e dal disco di accrescimento verrebbe deviata (lensing gravitazionale) dall'immensa gravità di Gargantua.
Il risultato è stata l'immagine più accurata di un buco nero mai creata fino ad allora, anni prima della vera foto di M87*. L'immagine mostra il disco di accrescimento non solo davanti al buco nero, ma anche piegato sopra, sotto e dietro di esso, proprio come previsto dalla teoria. Questo lavoro ha portato alla pubblicazione di due paper scientifici.
La dilatazione del tempo: il Pianeta di Miller
Uno dei momenti più drammatici del film è la visita al Pianeta di Miller, un mondo oceanico che orbita così vicino a Gargantua che il tempo scorre in modo diverso. "Un'ora qui equivale a sette anni sulla Terra", dice Cooper. Questo non è un'invenzione narrativa; è un'applicazione diretta della relatività generale.
L'immensa gravità del buco nero "deforma" lo spaziotempo, rallentando il tempo per gli osservatori vicini. La drammatica conseguenza per l'equipaggio, che torna alla nave madre e trova il loro collega invecchiato di 23 anni per la loro breve gita, è scientificamente plausibile (anche se estrema).
Il Wormhole: la scorciatoia cosmica
Per raggiungere un'altra galassia, l'equipaggio non viaggia per milioni di anni, ma attraversa un "wormhole" (Ponte di Einstein-Rosen) apparso vicino a Saturno. Thorne ha insistito affinché il wormhole non fosse rappresentato come un vortice colorato, ma come una "sfera" cristallina. Questo perché, in tre dimensioni, l'apertura di un tunnel quadridimensionale ci apparirebbe come una sfera, che agisce come una lente cosmica, mostrandoci una visione distorta della galassia di destinazione al suo interno.
L'unico punto in cui il film lascia la fisica nota per entrare nella speculazione pura è il finale all'interno del "Tesseratto". Qui, Nolan e Thorne immaginano come la gravità (l'unica forza che agisce attraverso le dimensioni) potrebbe essere usata da esseri "penta-dimensionali" per comunicare attraverso il tempo. Sebbene "Interstellar" si prenda delle libertà narrative, il suo rispetto per la scienza lo eleva da semplice film a vera e propria lezione di astrofisica.
Di Alex (pubblicato @ 06:00:00 in Storia Informatica, letto 17 volte)

Un ritratto ottocentesco di Ada Lovelace accanto a uno schema dell'Analytical Engine
In un'epoca in cui le donne erano relegate ai margini della scienza, una contessa inglese del 1800 riuscì a prevedere il futuro digitale. Ada Lovelace, figlia del poeta Lord Byron, non fu solo una matematica di talento, ma è oggi universalmente riconosciuta come la prima programmatrice della storia. Ha scritto il primo algoritmo pensato per essere eseguito da una macchina, un secolo prima che i computer esistessero. ARTICOLO COMPLETO
La "poetessa della scienza"
Augusta Ada Byron, contessa di Lovelace, nacque nel 1815. Sua madre, Annabella Milbanke, temendo che Ada potesse ereditare il carattere "poetico" e turbolento del padre (Lord Byron, che lasciò l'Inghilterra quando Ada era una bambina), la spinse fin da piccola verso studi rigorosi di matematica e logica. Il risultato fu una mente unica, che Ada stessa definì "scienza poetica".
L'incontro con Charles Babbage
A 17 anni, Ada incontrò l'uomo che cambiò la sua vita: Charles Babbage, l'inventore che stava lavorando al progetto della "Macchina Differenziale" e, successivamente, della "Macchina Analitica" (Analytical Engine).
Mentre la Macchina Differenziale era un calcolatore meccanico progettato solo per calcoli polinomiali, la Macchina Analitica era un progetto molto più ambizioso: un computer meccanico programmabile, con una "memoria" (store) e un "processore" (mill), alimentato a vapore. Era, sulla carta, il primo computer della storia.
La "Nota G" e il primo algoritmo
Nel 1843, ad Ada fu chiesto di tradurre un articolo dell'ingegnere italiano Luigi Menabrea sulla Macchina Analitica. Ada non si limitò a tradurre: aggiunse una serie di sue note (dalla A alla G), che erano tre volte più lunghe dell'articolo originale.
Nella "Nota G", Ada Lovelace descrisse un piano dettagliato, passo dopo passo, per far calcolare alla macchina i numeri di Bernoulli. Questo non era solo un calcolo, ma un vero e proprio **algoritmo**, un set di istruzioni codificate (tramite schede perforate, come i telai Jacquard) che la macchina avrebbe potuto eseguire.
Ma la sua visione andò oltre.
Oltre i numeri: la visione del computer
Mentre Babbage vedeva la sua macchina solo come un potente calcolatore numerico, Ada capì che i numeri potevano rappresentare *qualsiasi cosa*. Scrisse che la macchina avrebbe potuto manipolare simboli, lettere e note musicali. Previde che un giorno queste macchine avrebbero potuto "comporre musica" o "produrre grafica".
Ada Lovelace aveva capito il concetto fondamentale del computer moderno: un dispositivo universale capace di elaborare informazioni, non solo numeri.
Ada morì giovane, a 36 anni, e la Macchina Analitica di Babbage non fu mai costruita. Il suo lavoro fu dimenticato per quasi un secolo, ma oggi Ada Lovelace è celebrata come la profetessa dell'era digitale. Il linguaggio di programmazione "Ada", sviluppato dal Dipartimento della Difesa USA, è chiamato così in suo onore.
Fotografie del 10/11/2025
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