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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 02/10/2025

I nuovi animatroni a grandezza naturale dei parchi Disney.
Disney ha recentemente svelato una nuova generazione di animatroni a grandezza naturale che stanno lasciando a bocca aperta i visitatori dei suoi parchi a tema. Questi incredibili robot, frutto di anni di ricerca e sviluppo da parte della divisione Imagineering, sono in grado di muoversi e interagire con un realismo senza precedenti, offrendo un'esperienza sempre più immersiva e coinvolgente. La tecnologia alla base di queste creazioni è sbalorditiva e segna un nuovo standard per l'intrattenimento dal vivo.
La tecnologia dietro la magia
I nuovi animatroni, noti internamente come "Project Kiwi", rappresentano un balzo in avanti significativo rispetto alle figure audio-animatroniche del passato. La chiave di volta è una piattaforma robotica bipede completamente elettrica, che consente a questi personaggi di camminare, correre, saltare e persino gesticolare in modo fluido e naturale. Abbandonando i tradizionali sistemi idraulici e i cavi esterni, questi robot sono ora autonomi e liberi di muoversi all'interno di aree prestabilite, interagendo dinamicamente con l'ambiente e con gli ospiti del parco.
Un complesso sistema di sensori, tra cui telecamere e accelerometri, permette agli animatroni di percepire ciò che li circonda e di adattare i loro movimenti in tempo reale. Questo significa che possono, ad esempio, riconoscere un bambino che saluta e rispondere con un gesto della mano, creando un'interazione unica e personalizzata. Il software di controllo, basato su algoritmi di intelligenza artificiale, gestisce l'equilibrio e la coordinazione, garantendo movimenti stabili e realistici anche su superfici irregolari.
I personaggi prendono vita
I primi prototipi di questa nuova tecnologia sono già visibili in alcuni parchi Disney selezionati. Personaggi iconici come Groot dei Guardiani della Galassia e Hulk sono stati i primi a beneficiare di questa innovazione. L'incredibile realismo di questi animatroni permette di ricreare scene d'azione spettacolari e di portare in vita personaggi che prima erano confinati al grande schermo. Le specifiche tecniche di queste creazioni sono impressionanti:
- Altezza: Variabile a seconda del personaggio, fino a oltre 2,5 metri per figure come Hulk.
- Propulsione: Motori elettrici brushless ad alta coppia per ogni articolazione.
- Batteria: Pacchi batteria agli ioni di litio integrati che garantiscono diverse ore di autonomia.
- Sistema di controllo: Unità di calcolo custom con software proprietario per la gestione del movimento e delle interazioni.
- Scheletro: Struttura leggera ma resistente in alluminio e compositi.
- Pelle: Silicone personalizzato e tessuti flessibili per un aspetto realistico e una maggiore libertà di movimento.
Il futuro dell'intrattenimento
L'introduzione di questi animatroni a grandezza naturale apre scenari futuri entusiasmanti per i parchi a tema. Immaginate di poter passeggiare accanto ai vostri eroi preferiti, vederli compiere acrobazie mozzafiato o interagire con loro in modi che prima erano impensabili. Disney sta già lavorando per portare questa tecnologia in nuove attrazioni e spettacoli, con l'obiettivo di rendere l'esperienza ancora più magica e indimenticabile. La frontiera tra finzione e realtà si assottiglia sempre di più, e il merito è ancora una volta della capacità di innovare di un'azienda che non ha mai smesso di sognare.
Questa evoluzione tecnologica non solo migliora l'esperienza dei visitatori ma consolida ulteriormente la posizione di Disney come leader indiscusso nel settore dell'intrattenimento. La capacità di fondere robotica avanzata, intelligenza artificiale e una narrazione avvincente è la vera magia che continua a rendere i parchi Disney un luogo unico al mondo, dove i sogni diventano davvero realtà.
Di Alex (pubblicato @ 16:00:00 in Antivirus-Firewall-VPN, letto 66 volte)

Un agente IA che analizza il traffico di rete in un'architettura di sicurezza Zero Trust.
Il panorama della cybersecurity nel 2025 è definito da due tendenze convergenti: l'integrazione di agenti di intelligenza artificiale nelle piattaforme di difesa e l'adozione della filosofia "Zero Trust". Aziende come Proofpoint e DXC Technology sono in prima linea in questa evoluzione, proponendo soluzioni che non reagiscono alle minacce, ma cercano di anticiparle in un ambiente digitale complesso e senza perimetri, dove il principio guida è "non fidarsi mai, verificare sempre". LEGGI TUTTO
Gli agenti IA di Proofpoint
Proofpoint ha presentato la prima piattaforma di cybersecurity con agenti IA integrati. Invece di fare affidamento solo su regole predefinite, questi agenti agiscono come analisti della sicurezza autonomi, monitorando costantemente il flusso di dati attraverso e-mail e servizi cloud. Sono in grado di identificare anomalie, correlare eventi e rilevare tattiche di attacco sofisticate come il social engineering, che potrebbero sfuggire ai sistemi convenzionali.
La filosofia Zero Trust
Questa spinta è legata all'adozione della filosofia Zero Trust. Come sottolineato da DXC Technology, Zero Trust non è un prodotto, ma un approccio strategico. Il principio fondamentale è "non fidarsi mai, verificare sempre". In un'architettura Zero Trust, non si presume che alcun utente o dispositivo all'interno della rete sia affidabile. Ogni richiesta di accesso a una risorsa viene autenticata e autorizzata rigorosamente, eliminando il concetto di un perimetro di rete "sicuro".
Due facce della stessa medaglia
L'integrazione di agenti IA e la filosofia Zero Trust sono due facce della stessa medaglia. Gli agenti IA forniscono l'intelligenza e l'automazione necessarie per gestire la complessità di un'architettura Zero Trust su larga scala. Possono analizzare continuamente i segnali, applicare dinamicamente le policy di accesso basate sul rischio e identificare i tentativi di violazione in tempo reale.
Insieme, queste due tendenze stanno plasmando una nuova era della cybersecurity: una difesa più proattiva, adattiva e resiliente, progettata per un mondo in cui le minacce sono sempre più sofisticate e i confini della rete aziendale sono sempre più sfumati.
Di Alex (pubblicato @ 12:00:00 in Sviluppo sostenibile, letto 65 volte)

La BMW iX5 Hydrogen, il cui lancio in serie è previsto per il 2028.
In un settore auto focalizzato sull'elettrico a batteria, BMW adotta una strategia "technology-open", riconoscendo un ruolo chiave per l'idrogeno. L'azienda ha confermato che il futuro modello X5 offrirà cinque diverse motorizzazioni: benzina, diesel, plug-in hybrid, elettrico e, dal 2028, a celle a combustibile a idrogeno. Questa mossa, supportata dal progetto HyMoS, sottolinea l'impegno a sviluppare un portafoglio diversificato per soddisfare le diverse esigenze dei mercati globali. LEGGI TUTTO
La BMW iX5 Hydrogen e i suoi vantaggi
Il fulcro della strategia è la BMW iX5 Hydrogen, la cui produzione in serie è prevista per il 2028. Il veicolo utilizzerà un sistema di celle a combustibile di terza generazione, sviluppato con Toyota, più compatto e potente. Questa tecnologia converte l'idrogeno in elettricità, con il solo vapore acqueo come sottoprodotto. I vantaggi principali rispetto ai veicoli elettrici a batteria (BEV) sono i tempi di rifornimento rapidi, paragonabili a quelli di un'auto a benzina, e un'autonomia elevata (oltre 480 km), indipendentemente dal clima.
Il progetto HyMoS e l'ecosistema dell'idrogeno
BMW ritiene che l'idrogeno sia un elemento essenziale per la transizione energetica nel suo complesso, fungendo da mezzo di stoccaggio per l'energia rinnovabile in eccesso. L'iniziativa HyMoS (Hydrogen Mobility at Scale) è un progetto collaborativo volto a sviluppare ecosistemi di mobilità a idrogeno. L'obiettivo è aumentare la redditività delle infrastrutture mettendo in comune la domanda di diversi tipi di veicoli (auto, bus, camion) per ottimizzare l'uso delle stazioni di rifornimento, superando il problema "dell'uovo e della gallina".
Una scommessa calcolata per un futuro flessibile
La strategia di BMW è una scommessa sul fatto che il futuro della mobilità non sarà monolitico. Mentre i BEV sono ideali per gli spostamenti urbani, i veicoli a idrogeno potrebbero essere la soluzione migliore per i lunghi viaggi, i veicoli pesanti e le regioni con infrastrutture di ricarica scarse. Offrendo una gamma completa di opzioni per un modello popolare come l'X5, BMW si posiziona per rispondere in modo flessibile alle future normative e preferenze dei consumatori.
L'approccio di BMW è pragmatico e multi-sfaccettato. Invece di puntare su un'unica soluzione, l'azienda investe in una pluralità di tecnologie, affermando il suo ruolo di pioniere impegnato in un percorso di decarbonizzazione che riconosce la complessità delle sfide energetiche globali.
Di Alex (pubblicato @ 09:19:14 in Storia dell'informatica, letto 111 volte)

L'Intel 4004, il primo microprocessore commerciale al mondo, lanciato il 15 novembre 1971.
Il 15 novembre 1971, un annuncio segnò l'inizio di una nuova era. Non un prodotto di massa, ma un pezzo di silicio destinato a cambiare il mondo: l'Intel 4004. Questo non è solo il racconto del primo microprocessore, ma la cronaca del "Big Bang" del calcolo personale, l'evento che ha spostato la potenza di elaborazione dai mainframe al palmo di una mano, innescando la rivoluzione digitale. ARTICOLO COMPLETO
L'origine: una calcolatrice giapponese e un'idea rivoluzionaria
La storia del microprocessore non inizia nei laboratori di un gigante dei computer, ma con una richiesta commerciale apparentemente ordinaria. Nel 1969, l'azienda giapponese Busicom si rivolse a una giovane Intel, all'epoca specializzata in chip di memoria, per progettare un complesso set di dodici circuiti integrati customizzati per la sua nuova linea di calcolatrici da tavolo. Il progetto, così come era stato concepito da Busicom, era complesso e costoso.
Fu a questo punto che l'ingegnere di Intel Marcian "Ted" Hoff ebbe un'intuizione che avrebbe cambiato la storia. Invece di creare una dozzina di chip specializzati e a logica fissa, ciascuno con una singola funzione, Hoff propose un approccio radicalmente diverso: creare un singolo chip che fungesse da unità di elaborazione centrale (CPU) per uso generico. Questa CPU non avrebbe avuto funzioni predefinite, ma sarebbe stata programmabile tramite software memorizzato su chip di memoria esterni. In questo modo, la complessità si sarebbe spostata dall'hardware, costoso e inflessibile, al software, versatile e modificabile. Era l'idea di un "computer su un chip".
I padri fondatori: il trio che plasmò il silicio
La trasformazione dell'idea visionaria di Hoff in un prodotto fisico fu opera di un piccolo team di ingegneri dal talento eccezionale, i cui ruoli furono cruciali e complementari.
Marcian "Ted" Hoff fu l'architetto. Fu lui a definire la struttura logica del sistema, concependo un'architettura centralizzata che potesse eseguire istruzioni per svolgere compiti diversi.
Federico Faggin, fisico e ingegnere italiano assunto da Intel nel 1970, fu il realizzatore. A lui fu affidato il compito di guidare la progettazione fisica del chip, un'impresa considerata quasi impossibile. Il suo contributo fu determinante grazie all'applicazione della pionieristica tecnologia "silicon-gate" (SGT), che permetteva di integrare un numero di transistor molto più elevato in uno spazio ridotto rispetto alla precedente tecnologia "metal-gate". Fu Faggin a trasformare gli schemi logici in un pezzo di silicio funzionante, lasciando un segno indelebile del suo lavoro: le sue iniziali, "F.F.", incise su un angolo di ogni 4004 prodotto.
Masatoshi Shima, l'ingegnere inviato da Busicom, fu il legame con il mondo reale. Lavorò a stretto contatto con il team di Intel per definire la logica del processore e garantire che il design soddisfacesse le esigenze pratiche e le specifiche della calcolatrice, facendo da ponte tra la visione architettonica e l'applicazione finale.
Anatomia di un miracolo tecnologico
Per gli standard odierni, le specifiche dell'Intel 4004 appaiono quasi primitive, ma nel 1971 rappresentavano un salto quantico. Riuscire a integrare una CPU completa su un singolo chip era un'impresa senza precedenti. Il 4004 era un microprocessore a 4 bit, capace cioè di elaborare dati in blocchi di 4 bit alla volta. Al suo interno conteneva circa 2.300 transistor, realizzati con un processo produttivo a 10 micrometri (10.000 nanometri). Per fare un paragone, i processori moderni contengono miliardi di transistor e sono realizzati con processi produttivi inferiori ai 10 nanometri. La sua velocità di clock era di 740 kHz (0,74 MHz), una frazione infinitesimale delle velocità multi-gigahertz di oggi. Nonostante ciò, la sua potenza di calcolo era paragonabile a quella dell'ENIAC, il primo computer elettronico del 1946 che occupava un'intera stanza.
Specifiche Tecniche dell'Intel 4004 (1971)
Caratteristica | Specifica |
Data di Lancio | 15 Novembre 1971 |
Numero di Transistor | ~2.300 |
Processo Produttivo | 10 micrometri (10.000 nm) |
Velocità di Clock | 740 kHz |
Larghezza del Bus Dati | 4 bit |
Memoria Indirizzabile | 4 KB |
Prezzo al Lancio | 60 $ |
L'eredità dell'Intel 4004 non è solo il risultato di un'invenzione geniale, ma anche di una decisione commerciale lungimirante. Inizialmente, il design era di proprietà esclusiva di Busicom. Tuttavia, il team di progettazione, consapevole dell'enorme potenziale del chip al di là delle semplici calcolatrici, convinse la dirigenza di Intel a rinegoziare l'accordo. Intel restituì a Busicom l'intero investimento di 60.000 dollari in cambio dei diritti per vendere il microprocessore per applicazioni non legate alle calcolatrici. Questa mossa si rivelò una delle decisioni di business più importanti del XX secolo. Liberato dai vincoli dell'esclusività, l'Intel 4004 divenne un componente disponibile sul mercato, accessibile a ingegneri, inventori e hobbisti di tutto il mondo. Fu questa disponibilità a scatenare un'ondata di innovazione che portò direttamente alla nascita dei primi personal computer e all'alba dell'era digitale. La successiva bancarotta di Busicom nel 1974 è la tragica ironia che suggella la storia: l'azienda che aveva commissionato l'invenzione non ne comprese il valore, mentre quella che la realizzò la trasformò nelle fondamenta di un impero tecnologico.

L'Energizer EnergyBook Pro Ultra si distingue per la sua batteria da 192 Wh, un record nel settore.
In un'era definita dalla mobilità, la vera autonomia non risiede solo nella connettività, ma nell'indipendenza energetica. Energizer, capitalizzando sulla sua identità globale, entra nel mercato dei laptop non con un semplice computer, ma con una vera e propria "power station con schermo". L'EnergyBook Pro Ultra non si limita a competere: cerca di ridefinire il concetto di portabilità, promettendo giorni di lavoro senza mai avvicinarsi a una presa di corrente. LEGGI TUTTO
Analisi tecnica di un titano: la batteria da 192 Wh
Il cuore pulsante e la ragione d'essere dell'EnergyBook Pro Ultra è la sua batteria monoblocco ai polimeri di litio da 192 Wh, la più grande mai integrata in un computer portatile di serie. Questo valore, che a prima vista potrebbe sembrare solo un numero, si traduce in una capacità energetica sbalorditiva. La configurazione tecnica è a 4 celle da 13.000 mAh (4S) con una tensione di 14,8 V, una combinazione progettata per offrire un flusso di energia stabile e continuo, ideale per applicazioni intensive come il gaming, la grafica o l'editing video. In termini pratici, questa riserva di energia si traduce in un'autonomia stimata fino a 28 ore di utilizzo intensivo in ufficio (navigazione web, suite da ufficio, videoconferenze), fino a 11 ore in scenari esigenti come il gaming, e un'incredibile durata di 7 giorni in standby. Energizer afferma inoltre che la tecnologia delle celle garantisce un degrado minimo anche dopo centinaia di cicli di ricarica, puntando sulla longevità del componente chiave del dispositivo.
Tuttavia, una capacità così estrema introduce una limitazione fondamentale che ne definisce il profilo d'uso: la portabilità aerea. Le normative aeronautiche internazionali (stabilite da enti come FAA e EASA) limitano severamente la capacità delle batterie al litio trasportabili in aereo, con un tetto massimo di 100 Wh generalmente consentito nel bagaglio a mano e permessi speciali richiesti per batterie fino a 160 Wh. Con i suoi 192 Wh, l'EnergyBook Pro Ultra è di fatto "impossibile da trasportare in aereo", escludendolo dalla categoria dei dispositivi per il viaggiatore d'affari globale. Questa caratteristica lo posiziona come uno strumento per professionisti che operano a terra, in luoghi remoti o in situazioni dove l'accesso all'elettricità è incerto o assente.
Hardware e prestazioni: un equilibrio deliberato
L'architettura hardware dell'EnergyBook Pro Ultra è stata chiaramente progettata in funzione della sua caratteristica principale. La scelta dei componenti riflette un deliberato equilibrio tra prestazioni adeguate ed efficienza energetica, piuttosto che una corsa alla potenza bruta. Il processore è un AMD Ryzen 5, ottimizzato per un basso consumo energetico, affiancato da 16 GB di RAM DDR4 e un'unità di archiviazione SSD da 512 GB in formato NVMe, che garantisce reattività e velocità di accesso ai dati. Questa configurazione è più che sufficiente per la stragrande maggioranza delle attività professionali e creative, ma non mira a competere con le workstation mobili di fascia più alta. La scelta di un Ryzen 5, invece di un più potente e dispendioso Ryzen 9, è una decisione strategica per massimizzare l'autonomia, evitando di compromettere la proposta di valore fondamentale del prodotto.
Lo schermo è un ampio pannello da 18 pollici con risoluzione Full HD+ (1920 x 1200 pixel) e un rapporto d'aspetto di 16:10. Questo formato offre uno spazio di lavoro verticale maggiore rispetto ai tradizionali 16:9, rendendolo ideale per la produttività, la scrittura di codice e la consultazione di documenti. La connettività è completa e versatile, includendo porte USB-C, HDMI, USB 3.0, un lettore di schede SD e un jack per cuffie, garantendo la compatibilità con un'ampia gamma di periferiche senza la necessità di adattatori.
Specifiche Tecniche Energizer EnergyBook Pro Ultra
Componente | Specifica |
Processore | AMD Ryzen 5 (ottimizzato per efficienza energetica) |
RAM | 16 GB DDR4 |
Archiviazione | 512 GB SSD NVMe |
Schermo | 18 pollici, Full HD+ (1920 x 1200), rapporto 16:10 |
Batteria | 192 Wh (4 celle da 13.000 mAh, 14,8 V) |
Autonomia (stimata) | Fino a 28 ore (uso ufficio), fino a 11 ore (gaming/grafica), fino a 7 giorni (standby) |
Connettività | USB-C, HDMI, USB 3.0, lettore schede SD, jack cuffie |
Il contesto di mercato e il profilo utente ideale
L'EnergyBook Pro Ultra non è un laptop per il mercato di massa, ma un prodotto altamente specializzato. Si inserisce al vertice della nuova gamma EnergyBook Pro di Avenir Telecom (licenziatario del marchio Energizer), che comprende anche modelli più convenzionali: l'EnergyBook Pro 15, un 15 pollici compatto per professionisti in movimento, e l'EnergyBook Pro XL 18, un modello da 18 pollici per la produttività multimediale. L'Ultra è descritto come la "versione definitiva", pensata per un'utenza che richiede resistenza estrema e autonomia senza compromessi. Il profilo ideale è quello di sviluppatori, creativi, imprenditori e utenti che lavorano in mobilità terrestre, come ingegneri sul campo, ricercatori in aree remote, operatori di emergenza o chiunque necessiti di una postazione di lavoro affidabile e resiliente anche in assenza di una rete elettrica stabile.
In conclusione, l'Energizer EnergyBook Pro Ultra è più di un semplice laptop; è una dichiarazione audace su quale potrebbe essere la prossima frontiera dell'innovazione nel computing portatile. Sebbene la sua natura estrema e le restrizioni di viaggio lo confinino a una nicchia di mercato ben definita, solleva una domanda cruciale: in un mondo in cui le prestazioni dei processori offrono guadagni sempre più marginali per l'utente medio, la vera innovazione risiede forse nel liberare definitivamente il computer dalla schiavitù della presa di corrente? L'Ultra è la risposta, per ora, per pochi, ma potrebbe indicare la direzione per molti in futuro.
Di Alex (pubblicato @ 07:52:04 in Storia dell'informatica, letto 70 volte)

Ritratto in bianco e nero di Grace Hopper seduta al pannello di controllo del computer UNIVAC
In un'epoca in cui l'informatica era un territorio inesplorato e quasi esclusivamente maschile, una donna ha rivoluzionato per sempre il modo in cui interagiamo con le macchine: Grace Hopper. Ammiraglio della Marina statunitense, matematica e scienziata, è stata la mente visionaria dietro la creazione del primo compilatore e la forza trainante dello sviluppo del COBOL, un linguaggio che ha reso la programmazione accessibile anche ai non specialisti. LEGGI TUTTO
Dalla marina all'informatica
Nata nel 1906, Grace Brewster Murray Hopper mostrò fin da giovane un'incredibile attitudine per la matematica, conseguendo un dottorato a Yale. Durante la Seconda Guerra Mondiale, si unì alla Marina e fu assegnata al progetto di calcolo di Harvard, dove lavorò sul computer Mark I. Fu qui che iniziò la sua avventura nell'informatica. La sua frustrazione nel dover programmare le macchine utilizzando complessi codici numerici la portò a un'idea rivoluzionaria: perché non far capire ai computer dei comandi simili alla lingua inglese?
L'invenzione del compilatore e la nascita del COBOL
L'idea di Grace Hopper si concretizzò nel 1952 con la creazione dell'A-0, considerato il primo compilatore della storia. Un compilatore è un programma che traduce le istruzioni scritte in un linguaggio di programmazione "di alto livello" (più simile al linguaggio umano) nel codice macchina binario che il computer può eseguire. Questa invenzione aprì la strada a un modo completamente nuovo di programmare, molto più intuitivo e rapido.
Sulla base di questo lavoro, Hopper fu una figura chiave nello sviluppo del COBOL (COmmon Business-Oriented Language) alla fine degli anni '50. Il COBOL fu progettato specificamente per le applicazioni commerciali e finanziarie e divenne uno dei linguaggi di programmazione più utilizzati al mondo, alimentando per decenni i sistemi di banche, governi e grandi aziende. A lei si deve anche la diffusione del termine "bug" per indicare un errore informatico, dopo aver trovato una vera falena incastrata in un relè del computer Mark II.
Il contributo di Grace "Amazing Grace" Hopper è stato immenso. La sua visione ha gettato le basi per l'informatica moderna, trasformando i computer da macchine arcane per pochi eletti a strumenti potenti e accessibili. La sua tenacia e il suo genio hanno abbattuto le barriere di genere e tecnologiche, lasciando un'eredità che ancora oggi vive in ogni riga di codice che viene scritta, compilata ed eseguita.

La tecnologia Audio2Face di NVIDIA genera animazioni facciali realistiche da una traccia audio.
NVIDIA ha compiuto una mossa di grande impatto, annunciando che la sua innovativa tecnologia Audio2Face diventerà open source. Questa decisione è destinata a democratizzare l'accesso a strumenti di animazione facciale di alta fedeltà, accelerando drasticamente l'adozione di avatar e personaggi digitali basati sull'IA. La tecnologia, che genera animazioni facciali realistiche partendo solo dall'audio, non è più appannaggio dei grandi studi ma diventa uno strumento per tutti. LEGGI TUTTO
Come funziona Audio2Face
Audio2Face è una tecnologia basata sull'IA che genera animazioni facciali realistiche e sincronizzazione labiale (lip-sync) partendo unicamente da una traccia audio. Il suo funzionamento si basa su una rete neurale profonda che analizza le caratteristiche acustiche dell'audio, come fonemi e intonazione. Sulla base di questa analisi, la tecnologia crea un flusso di dati di animazione che viene mappato sulle pose facciali di un personaggio 3D, includendo non solo il movimento delle labbra ma anche espressioni emotive coerenti.
Le implicazioni della mossa open source
La decisione di NVIDIA di rendere Audio2Face open source ha implicazioni di vasta portata. Il pacchetto rilasciato include non solo i modelli AI pre-addestrati e l'SDK, ma anche il framework di addestramento stesso. Questo è un punto cruciale: significa che gli sviluppatori possono personalizzare e perfezionare la tecnologia per i loro casi d'uso, addestrando i modelli con i propri dati. Il pacchetto include anche plugin per i principali software come Autodesk Maya e Unreal Engine 5, abbassando notevolmente la barriera all'ingresso.
Un impatto su diversi settori
Nello sviluppo di videogiochi, Audio2Face può ridurre drasticamente i tempi e i costi associati all'animazione manuale di migliaia di linee di dialogo. Aziende come GSC Games World (S.T.A.L.K.E.R. 2) hanno già integrato la tecnologia, lodandola per il risparmio di innumerevoli ore di lavoro. Nel campo degli avatar digitali e degli assistenti virtuali, la tecnologia consente di creare interazioni più naturali e umane.
Rendendo Audio2Face open source, NVIDIA non sta solo rilasciando un prodotto, ma sta coltivando un ecosistema. Questa mossa posiziona NVIDIA al centro dell'innovazione nell'animazione guidata dall'IA, stimolando la creatività e garantendo che le sue piattaforme hardware (le GPU RTX) rimangano lo standard de facto per questi carichi di lavoro avanzati.
Fotografie del 02/10/2025
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