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La scomparsa del volo MH370: tra anomalie radar e teorie irrisolte
Di Alex (del 28/09/2025 @ 07:00:00, in Misteri, letto 79 volte)
Un Boeing 777 della Malaysia Airlines in volo notturno, con un alone di mistero.
Un Boeing 777 della Malaysia Airlines in volo notturno, con un alone di mistero.
L'8 marzo 2014, il volo MH370 della Malaysia Airlines, un Boeing 777 con 239 persone a bordo, svanì dai radar durante un volo di routine da Kuala Lumpur a Pechino. A oltre un decennio di distanza, il suo destino rimane uno dei più grandi e angoscianti misteri dell'aviazione moderna. Nonostante ricerche internazionali senza precedenti, del velivolo si sono perse le tracce, lasciando spazio a un labirinto di dati satellitari criptici, anomalie inspiegabili e teorie mai confermate. LEGGI TUTTO

L'ultima comunicazione e la deviazione silenziosa

Il volo MH370 decollò da Kuala Lumpur alle 00:41 ora locale. Per i primi 38 minuti, tutto sembrò procedere normalmente. L'aereo raggiunse la sua altitudine di crociera e seguì la rotta prevista verso nord-est. Alle 01:19, mentre l'aereo si preparava a entrare nello spazio aereo vietnamita, il controllore di volo malese ricevette l'ultima comunicazione vocale dal cockpit: "Good night, Malaysian three seven zero". Pochi istanti dopo, il transponder del velivolo, che comunica la sua identità e posizione ai radar secondari civili, venne spento. L'aereo divenne un fantasma sui monitor del controllo aereo civile. Tuttavia, i radar militari primari, che rilevano oggetti tramite le onde radio riflesse, continuarono a tracciarlo. Questi dati rivelarono una manovra sconcertante: invece di proseguire verso il Vietnam, l'aereo eseguì una brusca virata verso sud-ovest, riattraversando la penisola malese e dirigendosi verso l'Oceano Indiano.

I ping satellitari: l'unica traccia rimasta

Mentre l'aereo era invisibile ai radar convenzionali, un altro sistema continuava a ricevere segnali: un satellite geostazionario della compagnia britannica Inmarsat. Il terminale a bordo del Boeing 777, anche con i principali sistemi di comunicazione disattivati, rispondeva automaticamente a "ping" orari inviati dal satellite. Questi segnali, benché non contenessero dati sulla posizione, permisero agli ingegneri di calcolare la distanza tra l'aereo e il satellite al momento di ogni ping, utilizzando l'effetto Doppler. L'analisi di questi dati tracciò due possibili traiettorie: un corridoio settentrionale che si estendeva fino all'Asia centrale e un corridoio meridionale che puntava verso le remote e profonde acque dell'Oceano Indiano meridionale. Il corridoio settentrionale fu presto escluso, poiché l'aereo avrebbe dovuto attraversare numerosi spazi aerei pesantemente sorvegliati. L'ultimo "ping", ricevuto alle 08:19 ora malese, suggerì che l'aereo avesse volato per circa sei ore dopo la sua deviazione, esaurendo infine il carburante e precipitando da qualche parte lungo un vasto arco di ricerca nell'Oceano Indiano.

Le estenuanti ricerche e i pochi frammenti

Sulla base dei dati satellitari, prese il via una delle operazioni di ricerca più estese e costose della storia. Guidata dall'Australia, la ricerca sottomarina si concentrò su un'area di oltre 120.000 chilometri quadrati del fondale oceanico, ma non portò al ritrovamento del relitto principale. Nel corso degli anni, diversi frammenti dell'aereo sono stati ritrovati spiaggiati sulle coste dell'Africa orientale e su isole dell'Oceano Indiano, come un flaperone (una parte dell'ala) scoperto sull'isola di Riunione nel 2015. Questi ritrovamenti confermarono che l'aereo si era schiantato, ma non fornirono risposte definitive sulla sua posizione esatta o sulle cause del disastro. Di recente, il governo malese ha approvato una nuova missione di ricerca da parte della società statunitense Ocean Infinity, basata su nuove analisi dei dati, nella speranza di risolvere finalmente il mistero.

Le teorie irrisolte: guasto, atto deliberato o dirottamento?

In assenza di prove concrete, sono fiorite numerose teorie.

  • Atto deliberato del pilota: Una delle teorie più accreditate suggerisce un'azione intenzionale da parte del comandante, Zaharie Ahmad Shah. Analisi hanno rivelato che sul suo simulatore di volo a casa era stata tracciata una rotta molto simile a quella percorsa dall'MH370 verso l'Oceano Indiano. Secondo questa ipotesi, il pilota avrebbe deliberatamente depressurizzato la cabina per neutralizzare passeggeri ed equipaggio prima di guidare l'aereo verso la sua fine.
  • Guasto catastrofico o incendio: Un'altra possibilità è un evento improvviso, come un incendio o una depressurizzazione esplosiva, che avrebbe potuto mettere fuori uso i sistemi di comunicazione e l'equipaggio, lasciando l'aereo a volare con il pilota automatico fino all'esaurimento del carburante. Questa teoria, tuttavia, fatica a spiegare le manovre precise e deliberate effettuate dall'aereo dopo la scomparsa dai radar.
  • Dirottamento: L'ipotesi di un dirottamento da parte di terroristi o di passeggeri clandestini (a bordo viaggiavano due uomini con passaporti rubati, poi risultati essere richiedenti asilo) è stata a lungo considerata. Tuttavia, nessuna rivendicazione credibile è mai pervenuta e la mancanza di qualsiasi comunicazione o richiesta di riscatto rende questo scenario meno probabile.


A più di dieci anni dalla sua scomparsa, il volo MH370 rimane una ferita aperta per le famiglie delle 239 vittime e una sfida senza precedenti per la comunità aeronautica. La combinazione di una deliberata disattivazione dei sistemi di comunicazione, una deviazione calcolata e ore di volo silenzioso verso il nulla ha creato un mistero che solo il ritrovamento delle scatole nere e del relitto principale potrà, forse, risolvere. Fino ad allora, il destino dell'MH370 è destinato a rimanere sospeso tra i dati frammentari e le teorie tormentate che cercano di dare un senso a una tragedia inconcepibile.

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