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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
 
 
Articoli del 01/08/2025

Un braccio robotico che maneggia campioni di materiali in un laboratorio automatizzato
Un braccio robotico che maneggia campioni di materiali in un laboratorio automatizzato

La corsa verso un futuro energetico più sostenibile passa inevitabilmente attraverso lo sviluppo di materiali più efficienti, in particolare nel campo del solare e delle batterie. La scoperta di questi materiali, però, è un processo tradizionalmente lento e laborioso. Ora, un team del MIT ha creato un robot completamente autonomo che utilizza l'intelligenza artificiale per accelerare questa ricerca in modo esponenziale, promettendo di rivoluzionare la velocità dell'innovazione green.

La sfida della scoperta di nuovi materiali
Trovare la giusta combinazione chimica per un nuovo materiale con proprietà specifiche, come un'elevata efficienza nella conversione della luce solare, è come cercare un ago in un pagliaio cosmico. Il numero di possibili combinazioni di elementi è astronomico e il metodo tradizionale, basato sull'intuizione umana e su un lungo processo di tentativi ed errori, può richiedere anni o addirittura decenni per identificare un singolo candidato promettente. Questa lentezza rappresenta uno dei maggiori colli di bottiglia per la transizione energetica.

Il laboratorio-robot autonomo
Per superare questo ostacolo, i ricercatori del MIT hanno costruito un sistema completamente automatizzato, un vero e proprio laboratorio-robot. Questa piattaforma, guidata da un'intelligenza artificiale, può operare 24 ore su 24, 7 giorni su 7, senza alcun intervento umano. Il sistema non solo esegue fisicamente gli esperimenti, ma "pensa" anche, utilizzando i dati di ogni test per decidere in modo intelligente quale esperimento eseguire successivamente, ottimizzando costantemente il percorso verso la scoperta del materiale perfetto.

Come funziona il processo automatizzato
Il cuore del sistema è un braccio robotico che orchestra un processo ciclico di sintesi e analisi, guidato da un cervello AI.


  • Sintesi: Il braccio robotico preleva e miscela con precisione millimetrica diverse polveri chimiche, i precursori del nuovo materiale.
  • Trattamento termico: I campioni vengono poi inseriti in un forno ad alta temperatura dove reagiscono e si trasformano nel composto desiderato.
  • Analisi: Una volta raffreddato, il campione viene analizzato da uno strumento a diffrazione di raggi X, che ne determina la struttura cristallina e la composizione esatta.
  • Apprendimento automatico: I dati dell'analisi vengono inviati all'algoritmo di intelligenza artificiale. L'IA confronta il risultato con l'obiettivo prefissato e, sulla base di modelli predittivi, decide autonomamente quale nuova formula sintetizzare per avvicinarsi ulteriormente al risultato ottimale, avviando un nuovo ciclo.


Un impatto rivoluzionario per l'energia green
La velocità di questo sistema è sbalorditiva. In un recente studio, il laboratorio-robot è stato in grado di identificare un nuovo materiale promettente per celle solari in soli 17 giorni, un compito che avrebbe richiesto mesi o anni a un team umano. Questa accelerazione può essere applicata a un'ampia gamma di sfide nel campo dell'energia pulita, dalla ricerca di batterie più efficienti e sicure allo sviluppo di nuovi catalizzatori per produrre idrogeno verde a basso costo.

In sintesi, l'introduzione di laboratori robotici autonomi guidati dall'intelligenza artificiale non è solo un progresso tecnologico, ma un vero e proprio acceleratore per la transizione energetica. Automatizzando il processo di scoperta, che prima richiedeva anni, a una questione di giorni, questa tecnologia ci avvicina a un futuro in cui l'energia pulita e sostenibile non è solo un obiettivo, ma una realtà accessibile e onnipresente.
 
Di Alex (pubblicato @ 16:00:00 in Misteri, letto 20 volte)
Il cacciatorpediniere USS Eldridge avvolto da una nebbia energetica verde durante il presunto Esperimento di Philadelphia
Il cacciatorpediniere USS Eldridge avvolto da una nebbia energetica verde durante il presunto Esperimento di Philadelphia

Nell'ottobre del 1943, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, presso il cantiere navale di Philadelphia si sarebbe svolto uno degli esperimenti più segreti e controversi della storia militare: l'Esperimento di Philadelphia. La leggenda narra che la Marina degli Stati Uniti abbia reso invisibile un intero cacciatorpediniere, la USS Eldridge, per poi teletrasportarlo a centinaia di chilometri di distanza, con conseguenze terrificanti per l'equipaggio. Un racconto che, a quasi un secolo di distanza, continua a sfumare i confini tra realtà, segreti militari e mito.

La leggenda della USS Eldridge
Secondo la storia, l'obiettivo del Progetto Arcobaleno (Project Rainbow) era applicare la Teoria del Campo Unificato di Albert Einstein per deviare la luce e le onde radar attorno a un oggetto, rendendolo di fatto invisibile. Durante il test del 28 ottobre 1943, l'esperimento sarebbe andato oltre ogni previsione. La USS Eldridge non solo scomparve dai radar, ma svanì anche alla vista, avvolta da una sinistra nebbia verdastra. Pochi istanti dopo, la nave sarebbe apparsa per alcuni minuti nella base navale di Norfolk, in Virginia, per poi rimaterializzarsi a Philadelphia. Gli effetti sull'equipaggio, secondo i racconti, furono devastanti: marinai fusi con le strutture metalliche della nave, altri impazziti, altri ancora svaniti nel nulla o capaci di teletrasportarsi involontariamente.

La versione ufficiale e il debunking
La Marina degli Stati Uniti ha sempre negato categoricamente che un simile esperimento abbia mai avuto luogo. I registri di bordo ufficiali della USS Eldridge dimostrano che la nave non si trovava a Philadelphia in quella data. La spiegazione più plausibile, e storicamente documentata, è che la leggenda sia nata da una distorsione di esperimenti reali, ma molto meno fantascientifici: le procedure di "degaussing" o smagnetizzazione. Questa tecnologia era cruciale durante la guerra per rendere le navi "invisibili" non alla vista, ma alle mine e ai siluri a detonazione magnetica, una minaccia costante per le flotte alleate.

Le specifiche tecniche del degaussing
La tecnologia alla base della probabile verità dietro il mito è affascinante e avanzata per l'epoca. Il suo scopo era neutralizzare la firma magnetica dello scafo di una nave.


  • Principio: Annullare il campo magnetico generato dallo scafo metallico di una nave per evitare di attivare i sensori delle mine sottomarine.
  • Metodo: L'installazione di una cintura di cavi elettrici lungo il perimetro dello scafo, dall'interno o dall'esterno.
  • Processo: Una forte corrente elettrica veniva fatta passare attraverso i cavi, generando un campo magnetico opposto a quello della nave, che di fatto la "cancellava" magneticamente.
  • Effetti collaterali visivi: L'intenso campo elettromagnetico poteva, in determinate condizioni atmosferiche, ionizzare l'aria e l'acqua attorno allo scafo, producendo un bagliore spettrale, simile al Fuoco di Sant'Elmo. Questo fenomeno potrebbe essere all'origine dei racconti sulla "nebbia verde".


Dalla scienza alla cospirazione
Come ha fatto un esperimento di smagnetizzazione a diventare una leggenda sulla teleportazione? Gran parte della storia è attribuita a Carl Meredith Allen, sotto lo pseudonimo di "Carlos Miguel Allende", un ex marinaio mercantile che scrisse una serie di lettere all'ufologo Morris K. Jessup negli anni '50, descrivendo l'esperimento a cui sosteneva di aver assistito. Le sue lettere, piene di annotazioni stravaganti, furono prese sul serio da alcuni e divennero la base su cui è stata costruita l'intera mitologia, alimentando decenni di teorie del complotto.

In conclusione, l'Esperimento di Philadelphia è un caso da manuale su come la segretezza militare e la scienza di frontiera possano generare miti duraturi. Se da un lato la teleportazione della USS Eldridge appartiene quasi certamente al regno della finzione, dall'altro la storia è un'eco distorta di una vera e pionieristica tecnologia bellica. Il fascino della leggenda non risiede tanto nella sua veridicità, quanto nella sua capacità di mostrarci come il velo di un segreto possa trasformare un fatto scientifico in un mistero immortale.
 
Di Alex (pubblicato @ 14:00:00 in Misteri, letto 71 volte)
Un moderno UAP osservato da un pilota di caccia, caratterizzato da manovre impossibili
Un moderno UAP osservato da un pilota di caccia, caratterizzato da manovre impossibili

Per decenni, la parola "UFO" ha evocato immagini di dischi volanti e omini verdi, relegando un intero campo di studi ai margini della scienza e nel regno della cultura pop. Oggi, assistiamo a un cambiamento epocale: le istituzioni governative e militari, a partire dal Pentagono, hanno abbandonato il vecchio termine per adottare l'acronimo UAP (Unidentified Aerial Phenomena). Questa non è solo una modifica lessicale, ma il segnale di un nuovo approccio, più scientifico e pragmatico, a un mistero che continua a sfidare la nostra comprensione.

Un cambio di paradigma ufficiale
Il passaggio da UFO a UAP è stato intenzionale e strategico. L'obiettivo è spogliare il fenomeno del suo bagaglio culturale, spesso ridicolizzato, per incoraggiare piloti, personale militare e scienziati a segnalare e analizzare gli avvistamenti senza timore di pregiudizi. I recenti rapporti declassificati dal governo degli Stati Uniti hanno confermato l'esistenza di oggetti volanti le cui performance non possono essere spiegate con le attuali tecnologie conosciute. Questi eventi, documentati da radar, sensori a infrarossi e testimonianze dirette di piloti esperti, sono ora considerati una questione di sicurezza nazionale e un problema scientifico legittimo.

Le cinque caratteristiche osservabili degli uap
L'analisi dei dati raccolti ha permesso di delineare un profilo tecnico per i casi più sconcertanti. Esistono cinque caratteristiche chiave, spesso definite "The Five Observables", che rendono questi fenomeni unici e apparentemente al di là delle nostre capacità tecnologiche.


  • Accelerazione istantanea: La capacità di accelerare a velocità enormi in una frazione di secondo, senza apparenti effetti dell'inerzia (forze G) sulla struttura o su eventuali occupanti.
  • Velocità ipersoniche: Raggiungere e mantenere velocità superiori a Mach 5 senza produrre le firme termiche o i boom sonici tipicamente associati a oggetti ipersonici di fabbricazione umana.
  • Manovre a "bassa osservabilità": La capacità di apparire e scomparire dai sistemi radar, o di essere invisibili all'occhio umano ma rilevabili da altri sensori, e viceversa.
  • Volo anti-gravitazionale: Muoversi e stazionare a mezz'aria senza alcun sistema di propulsione visibile, come ali, motori a reazione, eliche o rotori, sfidando la gravità in modo inspiegabile.
  • Viaggio trans-medium: La capacità di muoversi senza alcuno sforzo apparente tra mezzi diversi, come dall'aria all'acqua o allo spazio, senza perdere velocità o manovrabilità.


Le ipotesi sul tavolo: non solo alieni
Di fronte a queste evidenze, la comunità scientifica e di intelligence valuta diverse possibilità. Le spiegazioni più semplici includono fenomeni naturali rari o errori dei sensori, anche se per molti casi di alta qualità queste ipotesi sono state scartate. Una seconda possibilità è che si tratti di droni o velivoli segreti sviluppati da potenze avversarie (come Russia o Cina), una prospettiva che preoccupa molto la sicurezza nazionale. Infine, c'è l'ipotesi "esotica" o extra-ordinaria, che contempla la possibilità di una tecnologia non umana. Attualmente, nessuna di queste ipotesi è stata provata o scartata in via definitiva.

In conclusione, l'era degli UAP ci ha allontanato dalle speculazioni da tabloid per portarci in un territorio di seria indagine scientifica e di sicurezza. Non abbiamo ancora una risposta definitiva su cosa siano questi fenomeni, ma una cosa è certa: la domanda non è più "esistono?", ma "cosa sono e come funzionano?". Il mistero rimane, ma ora è illuminato da una nuova luce, quella della scienza e della ragione, che cerca di comprendere ciò che, per ora, appare incomprensibile.

 
Un muro di cemento intelligente che immagazzina energia, con schemi circuitali luminosi che ne indicano la carica
Un muro di cemento intelligente che immagazzina energia, con schemi circuitali luminosi che ne indicano la carica

E se le fondamenta della tua casa potessero immagazzinare l'energia prodotta dai pannelli solari sul tetto? Questa non è più fantascienza grazie a una straordinaria innovazione sviluppata dai ricercatori del MIT di Boston. Hanno creato una nuova miscela di cemento che, aggiungendo un particolare tipo di carbonio, è in grado di funzionare come un supercondensatore, trasformando le strutture degli edifici in vere e proprie batterie a basso costo.

Dal cemento armato al cemento "caricato"
L'idea alla base di questa tecnologia è tanto semplice quanto geniale. I ricercatori hanno miscelato al cemento tradizionale e all'acqua un materiale chiamato "nerofumo" (carbon black), una forma di carbonio altamente conduttiva e a bassissimo costo. Man mano che la miscela si idrata e indurisce, le particelle di carbonio si dispongono autonomamente in una fitta rete di "fili" conduttivi che si diramano attraverso tutta la struttura. Rivestendo due piastre di questo materiale con un elettrolita comune, come il cloruro di potassio, si ottiene un supercondensatore potente ed economico.

Come funziona il supercondensatore cementizio
A differenza delle batterie tradizionali, che immagazzinano energia tramite reazioni chimiche, i supercondensatori la immagazzinano in modo statico, accumulando ioni su una superficie. Nel caso del cemento del MIT, applicando una tensione, gli ioni positivi dell'elettrolita si accumulano sulla superficie dei "fili" di carbonio collegati al polo negativo, mentre gli ioni negativi si raccolgono su quelli collegati al polo positivo. Questo crea un potente campo elettrico che permette di immagazzinare una notevole quantità di energia, pronta per essere rilasciata rapidamente quando necessario.

Caratteristiche tecniche e potenziale
La scalabilità è il vero punto di forza di questa invenzione. Sebbene i prototipi attuali siano piccoli, la tecnologia può essere applicata a strutture di qualsiasi dimensione.


  • Materiali: Cemento, acqua, nerofumo (carbon black) e un elettrolita a base di sali comuni (es. cloruro di potassio).
  • Capacità di accumulo: Si stima che un blocco di 45 metri cubi di questo cemento (equivalente alle fondazioni di una casa standard) possa immagazzinare circa 10 kilowattora di energia.
  • Potenza: La caratteristica principale dei supercondensatori è la capacità di caricarsi e scaricarsi molto velocemente, fornendo picchi di potenza elevati.
  • Applicazioni: Fondamenta di case per l'accumulo da fotovoltaico, manto stradale per la ricarica wireless induttiva dei veicoli elettrici, muri di edifici per l'autonomia energetica.


Una strada... energetica
Una delle applicazioni più visionarie è l'integrazione di questo cemento nel manto stradale. Una strada costruita con questo materiale potrebbe accumulare energia solare durante il giorno e utilizzarla per ricaricare i veicoli elettrici che la percorrono tramite tecnologia wireless a induzione. Questo risolverebbe uno dei maggiori problemi della mobilità elettrica: la necessità di fermarsi per lunghi periodi per la ricarica. Le auto potrebbero ricaricarsi semplicemente guidando, aprendo scenari rivoluzionari per la logistica e i trasporti a lunga percorrenza.

In conclusione, l'invenzione del cemento-supercondensatore rappresenta un cambio di paradigma nel modo in cui pensiamo ai materiali da costruzione e all'accumulo energetico. Trasformando le strutture passive che ci circondano in elementi attivi e funzionali, questa tecnologia a basso costo offre una soluzione elegante e potente per accelerare la transizione verso un futuro al 100% rinnovabile, rendendo le nostre case e le nostre città letteralmente le batterie di domani.
 
Illustrazione scientifica di un nuovo catalizzatore che scinde l'acqua in idrogeno e ossigeno usando la luce solare
Illustrazione scientifica di un nuovo catalizzatore che scinde l'acqua in idrogeno e ossigeno usando la luce solare

La ricerca di un futuro energetico sostenibile ha compiuto un passo da gigante grazie a una scoperta rivoluzionaria proveniente dagli Stati Uniti. Un team di scienziati ha sviluppato un nuovo tipo di catalizzatore che, imitando il processo di fotosintesi delle piante, è in grado di utilizzare la luce solare per produrre idrogeno dall'acqua in modo efficiente ed economico. Questa innovazione potrebbe accelerare la transizione verso l'idrogeno verde come vettore energetico pulito e rinnovabile.

Ispirazione dalla fotosintesi clorofilliana
Il concetto alla base di questa scoperta non è nuovo: la cosiddetta "fotosintesi artificiale" cerca da decenni di replicare il meccanismo con cui le piante convertono luce, acqua e anidride carbonica in energia. La vera sfida è sempre stata trovare materiali (catalizzatori) in grado di orchestrare questa reazione in modo stabile, efficiente e, soprattutto, utilizzando elementi abbondanti e a basso costo. La svolta è arrivata da un cluster molecolare, una struttura complessa che si è dimostrata eccezionalmente abile nel catturare i fotoni della luce solare e usare la loro energia per scindere le molecole d'acqua (H₂O) nei suoi componenti base: idrogeno (H₂) e ossigeno (O₂).

Come funziona il nuovo catalizzatore
Il catalizzatore agisce come un mediatore nel processo di scissione dell'acqua, noto come elettrolisi. Quando viene immerso in acqua ed esposto alla luce solare, la sua struttura molecolare assorbe l'energia luminosa e la utilizza per facilitare la rottura dei legami chimici dell'acqua. Il risultato è la produzione di bollicine di ossigeno da un lato e di idrogeno puro dall'altro. L'idrogeno così generato può essere raccolto e stoccato per essere poi utilizzato in celle a combustibile per produrre elettricità, alimentando veicoli o immettendolo nella rete energetica, senza emettere gas serra.

Vantaggi e specifiche della scoperta
Questa tecnologia presenta numerosi vantaggi rispetto ai metodi tradizionali di produzione dell'idrogeno, che spesso si basano su combustibili fossili.


  • Sostenibilità: Utilizza le due risorse più abbondanti del pianeta, la luce solare e l'acqua, per produrre un combustibile pulito.
  • Efficienza: I primi test mostrano un'efficienza di conversione da solare a idrogeno molto promettente, superiore a quella di molti altri catalizzatori sperimentali.
  • Costo dei materiali: A differenza di altri catalizzatori che richiedono metalli rari e costosi come il platino, questa nuova molecola si basa su elementi più comuni, aprendo la strada a una produzione su larga scala a costi contenuti.
  • Stabilità: Il catalizzatore ha dimostrato una notevole resistenza e durata nel tempo durante gli esperimenti, un fattore cruciale per un'applicazione commerciale.


Prospettive future per l'energia a idrogeno
Sebbene la tecnologia sia ancora in una fase di sviluppo e debba essere testata al di fuori del laboratorio, il suo potenziale è enorme. Potrebbe portare alla creazione di "fattorie solari" per la produzione di idrogeno o a sistemi decentralizzati per generare energia pulita per singole abitazioni o comunità. La strada verso un'economia basata sull'idrogeno verde è ancora lunga, ma scoperte come questa rappresentano i mattoni fondamentali su cui costruire un sistema energetico globale più pulito e giusto per tutti.

In conclusione, questa fusione tra ingegneria molecolare e biologia rappresenta un faro di speranza nella lotta contro il cambiamento climatico. La capacità di trasformare la luce solare direttamente in un combustibile stoccabile, utilizzando un processo ispirato alla natura stessa, non è più fantascienza, ma una possibilità concreta che potrebbe ridisegnare il nostro futuro energetico nei prossimi decenni.
 
Il nuovo sistema di accumulo energetico Samsung HomeGrid installato in una casa moderna
Il nuovo sistema di accumulo energetico Samsung HomeGrid installato in una casa moderna

Il mercato dello stoccaggio energetico domestico si fa sempre più incandescente. Samsung, il colosso tecnologico sudcoreano, ha ufficialmente presentato la sua nuova linea di prodotti Samsung HomeGrid, un sistema di accumulo energetico pensato per le abitazioni private che si pone come diretto concorrente del celebre Tesla Powerwall. L'obiettivo è offrire una soluzione integrata, efficiente e intelligente per l'autoconsumo e l'indipendenza dalla rete elettrica.

Cos'è Samsung HomeGrid e come funziona
Samsung HomeGrid è un sistema completo che permette di immagazzinare l'energia prodotta in eccesso da un impianto fotovoltaico durante il giorno per poterla utilizzare di notte o durante i picchi di richiesta energetica. Il cuore del sistema è una batteria ad alta capacità, abbinata a un inverter e a un software di gestione intelligente che ottimizza i flussi di energia. In questo modo, le famiglie possono massimizzare l'utilizzo dell'energia pulita autoprodotta, ridurre drasticamente la bolletta elettrica e garantire una riserva di energia in caso di blackout della rete nazionale.

Modularità e integrazione con SmartThings
Uno dei punti di forza di HomeGrid è la sua architettura modulare. Gli utenti possono scegliere la capacità iniziale più adatta alle proprie esigenze e ampliarla in un secondo momento, semplicemente aggiungendo nuovi moduli batteria. Questo approccio flessibile rende la soluzione accessibile a un pubblico più vasto. Esteticamente, Samsung ha puntato su un design minimale e moderno, pensato per integrarsi elegantemente in qualsiasi ambiente domestico, dal garage alla lavanderia. La vera marcia in più è però l'integrazione nativa con l'ecosistema Samsung SmartThings, che permette di monitorare e gestire la produzione, l'accumulo e il consumo di energia direttamente dallo smartphone, creando scenari automatizzati con altri elettrodomestici intelligenti del marchio.

Specifiche tecniche principali
Samsung non ha lesinato sulla qualità costruttiva e sulle performance, utilizzando la sua vasta esperienza nel campo delle batterie.


  • Chimica della Batteria: Litio-Ferro-Fosfato (LFP), nota per la sua elevata sicurezza e per il lungo ciclo di vita.
  • Capacità Energetica: Moduli da 9.8 kWh, impilabili fino a tre unità per una capacità totale di 29.4 kWh.
  • Potenza: 5 kW di potenza continua e fino a 7 kW di picco per ogni modulo, sufficienti per alimentare la maggior parte degli elettrodomestici.
  • Efficienza Round-Trip: Superiore al 90%, a indicare una minima dispersione di energia durante i cicli di carica e scarica.
  • Garanzia: 10 anni di garanzia standard, con una capacità residua garantita del 70% al termine del periodo.
  • Dimensioni e Peso: Progettato per essere compatto e relativamente leggero per facilitarne l'installazione a parete.


Un nuovo protagonista per la transizione energetica
L'ingresso di un gigante come Samsung nel settore dello storage residenziale è una notizia estremamente positiva. Aumenta la concorrenza, spingendo all'innovazione e potenzialmente a un abbassamento dei prezzi, e offre ai consumatori un'alternativa valida e tecnologicamente avanzata. Con HomeGrid, la transizione verso un modello energetico più sostenibile e decentralizzato compie un altro importante passo avanti, rendendo l'indipendenza energetica un traguardo sempre più concreto per molte famiglie.

In definitiva, Samsung HomeGrid non è solo un prodotto, ma una dichiarazione d'intenti. Il colosso coreano fa sul serio e lancia il guanto di sfida a Tesla e agli altri player del mercato, forte di un prodotto solido, flessibile e profondamente integrato nel suo vasto ecosistema smart home. La battaglia per il controllo della casa intelligente del futuro si combatte anche, e soprattutto, sulla gestione dell'energia.
 

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