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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
 
 
Articoli del 17/10/2025

Un'immagine sonar sgranata che mostra una sagoma a forma di aereo sul fondo dell'oceano Pacifico.
Un'immagine sonar sgranata che mostra una sagoma a forma di aereo sul fondo dell'oceano Pacifico.

Uno dei più grandi misteri dell'aviazione potrebbe essere vicino a una soluzione. La Deep Sea Vision, una società di esplorazione oceanica, ha annunciato di aver catturato un'immagine sonar che mostra una sagoma compatibile con quella del Lockheed Electra di Amelia Earhart, l'aviatrice scomparsa nel 1937 durante il suo tentativo di circumnavigare il globo. L'immagine è stata scattata a quasi 5.000 metri di profondità nell'Oceano Pacifico. ARTICOLO COMPLETO

La scoperta della Deep Sea Vision
Il team, guidato dall'ex ufficiale dell'intelligence dell'Air Force Tony Romeo, ha utilizzato un drone sottomarino autonomo (AUV) dotato di un sonar a scansione laterale per mappare un'area di oltre 13.000 chilometri quadrati di fondale oceanico. La sagoma rilevata si trova in un'area a ovest dell'Isola di Howland, l'atollo che Earhart e il suo navigatore Fred Noonan non riuscirono mai a raggiungere. Secondo Romeo, la forma, le dimensioni e la caratteristica doppia coda visibili nell'immagine sonar sono coerenti con quelle del Lockheed 10-E Electra.

La teoria dell'incidente e le prossime tappe
La scoperta supporta la teoria più accreditata, quella dell'"incidente e affondamento". Secondo questa ipotesi, Earhart, a corto di carburante e incapace di trovare la minuscola isola di Howland, fu costretta ad ammarare nell'oceano. L'aereo sarebbe poi affondato, rimanendo intatto sul fondale. La Deep Sea Vision sta ora pianificando una nuova spedizione per tornare sul sito con un veicolo a controllo remoto (ROV) dotato di telecamere ad alta risoluzione per confermare visivamente l'identità del relitto. Se si trattasse davvero dell'aereo di Earhart, sarebbe una delle più importanti scoperte archeologiche sottomarine di sempre.

Dopo 87 anni, il mistero di Amelia Earhart continua ad affascinare. Sebbene siano necessarie ulteriori verifiche, questa nuova immagine sonar rappresenta la pista più promettente mai emersa. La conferma del ritrovamento non solo risolverebbe un enigma storico, ma renderebbe finalmente omaggio al coraggio e allo spirito pionieristico di una delle donne più iconiche del XX secolo, restituendole il suo posto nella storia.

 
 
Un'illustrazione che mostra un cervello umano influenzato da onde sonore a bassa frequenza (infrasuoni) e campi magnetici, creando la percezione di una figura spettrale.
Un'illustrazione che mostra un cervello umano influenzato da onde sonore a bassa frequenza (infrasuoni) e campi magnetici, creando la percezione di una figura spettrale.

Molte esperienze di presunte infestazioni, da brividi improvvisi a visioni di figure spettrali, possono essere ricondotte a fenomeni fisici che interagiscono con la nostra percezione. Piuttosto che smentire il paranormale, la scienza offre spiegazioni affascinanti che rivelano quanto il nostro cervello possa essere ingannato da stimoli invisibili, come gli infrasuoni e i campi elettromagnetici anomali. ARTICOLO COMPLETO

La "frequenza della paura": l'effetto degli infrasuoni
Gli infrasuoni sono onde sonore a frequenza così bassa (sotto i 20 Hz) da non essere udibili. Tuttavia, la ricerca ha dimostrato che una frequenza di circa 19 Hz, vicina a quella di risonanza del bulbo oculare, può causare illusioni ottiche, come la percezione di figure ai margini del campo visivo. Inoltre, l'esposizione a infrasuoni può provocare sensazioni di ansia e disagio, sintomi comunemente associati a presenze spettrali.

Molte delle esperienze attribuite ai fantasmi trovano una spiegazione plausibile e scientificamente testabile. Questi fenomeni non sminuiscono la potenza delle esperienze vissute, ma ci insegnano qualcosa di ancora più profondo: la straordinaria complessità del cervello umano e la sua sorprendente suscettibilità all'ambiente invisibile che ci circonda.

 
 
Una spettacolare fotografia a lunga esposizione della cometa 12P/Pons-Brooks con la sua chioma verdastra e le due caratteristiche 'corna' di gas.
Una spettacolare fotografia a lunga esposizione della cometa 12P/Pons-Brooks con la sua chioma verdastra e le due caratteristiche 'corna' di gas.

Visibile a occhio nudo per la prima volta dopo 71 anni, la cometa 12P/Pons-Brooks, soprannominata la "cometa del diavolo" per la sua insolita forma, sta regalando uno spettacolo affascinante ad astrofili e curiosi. Questo corpo celeste di tipo Halley è noto per i suoi improvvisi aumenti di luminosità (outburst) che ne modificano la chioma, creando due code di gas simili a corna, un fenomeno che la rende unica e riconoscibile. ARTICOLO COMPLETO

Un vulcano di ghiaccio nello spazio
La cometa 12P/Pons-Brooks è un criovulcano. Il suo nucleo, un agglomerato di ghiaccio, polvere e gas, accumula pressione interna man mano che si avvicina al Sole. Quando la radiazione solare riscalda la superficie, questa pressione viene rilasciata violentemente attraverso fratture nella crosta, causando eruzioni esplosive. Sono questi "outburst" a espellere getti di gas e polvere che, illuminati dal Sole, formano la caratteristica chioma a due punte che le è valsa il soprannome di "cometa del diavolo".

Come e quando osservarla
Dopo aver raggiunto il perielio (il punto più vicino al Sole) ad aprile, la cometa ha continuato il suo viaggio, raggiungendo la massima vicinanza alla Terra a inizio giugno. Attualmente è visibile principalmente dall'emisfero australe, ma le fotografie a lunga esposizione scattate da astrofotografi di tutto il mondo ne mostrano la bellezza. Il suo prossimo passaggio vicino alla Terra avverrà solo nel 2095, rendendo l'attuale apparizione un evento astronomico da non perdere per una generazione intera.

La cometa 12P/Pons-Brooks ci ricorda la natura dinamica e spettacolare del nostro sistema solare. Oltre alla sua bellezza visiva, i suoi outburst offrono agli scienziati preziose informazioni sulla composizione e sul comportamento dei nuclei cometari. Un messaggero ghiacciato proveniente dai confini del sistema solare che, per pochi mesi, ha acceso la nostra curiosità e la nostra immaginazione.

 
 
L'iPhone 17 Pro in colorazione Argento appoggiato su una superficie di ardesia scura, con una luce che ne esalta il nuovo telaio in alluminio e lo schermo Ceramic Shield 2.
L'iPhone 17 Pro in colorazione Argento appoggiato su una superficie di ardesia scura, con una luce che ne esalta il nuovo telaio in alluminio e lo schermo Ceramic Shield 2.

L'iPhone 17 Pro non è una rivoluzione, ma un'evoluzione mirata a risolvere i problemi concreti degli utenti. Con un nuovo telaio in alluminio, un sistema di raffreddamento a camera di vapore e un display Ceramic Shield 2, Apple ha puntato sulla sostanza. Le migliorie, dall'autonomia estesa alla resistenza ai graffi, lo rendono un upgrade significativo per chi cerca affidabilità. ARTICOLO COMPLETO



Costruzione e resistenza: alluminio e Ceramic Shield 2
Una delle novità più tangibili dell'iPhone 17 Pro è il nuovo telaio in alluminio, che lavora in sinergia con un sistema di raffreddamento a camera di vapore per una gestione termica finalmente efficace. A differenza dei modelli precedenti, il dispositivo rimane appena tiepido anche sotto stress. Il display è protetto dal nuovo Ceramic Shield 2, che, secondo i test, offre una resistenza ai graffi notevolmente migliorata rispetto al passato, resistendo a chiavi e monete in tasca. È presente anche un nuovo strato antiriflesso, sebbene la differenza rispetto all'iPhone 16 Pro sia minima.

Autonomia e prestazioni: un salto generazionale
L'autonomia è il campo in cui l'iPhone 17 Pro e, soprattutto, il Pro Max, mostrano i muscoli. Grazie alle ottimizzazioni hardware e software, il Pro Max può durare ore in più rispetto al suo predecessore, un guadagno che si percepisce chiaramente nell'uso quotidiano. Sebbene questo comporti un leggero aumento di peso e spessore, il compromesso è ampiamente ripagato dalla tranquillità di arrivare a fine giornata senza problemi.

Comparto fotografico: zoom e selfie migliorati
Il teleobiettivo è stato potenziato e ora supporta uno zoom ottico fino a 8x, capace di produrre scatti eccellenti in condizioni di buona illuminazione. In condizioni di scarsa luce, le performance a 8x calano, ma il sensore si comporta comunque bene a ingrandimenti inferiori. Un altro miglioramento significativo riguarda la fotocamera frontale, che ora offre una qualità d'immagine superiore e una nuova opzione grandangolare per i selfie di gruppo, rendendoli più versatili e dettagliati.

Caratteristica iPhone 17 Pro iPhone 16 Pro
Display Ceramic Shield 2, strato antiriflesso migliorato Ceramic Shield
Sistema di Raffreddamento Camera di vapore e telaio in alluminio Sistema a grafite
Autonomia Guadagni significativi, ore in più sul Pro Max Standard
Zoom Ottico Teleobiettivo Fino a 8x Fino a 5x
Fotocamera Frontale Qualità migliorata, opzione grandangolare per selfie Standard


In conclusione, l'aggiornamento all'iPhone 17 Pro è consigliato per chi proviene da modelli più datati. Le migliorie non sono cosmetiche, ma funzionali e sostanziali: la resistenza ai graffi, la gestione del calore e l'autonomia estesa risolvono problemi reali, rendendolo uno strumento più affidabile e potente nella vita di tutti i giorni.

 
Una mappa antica che mostra un'area del Pacifico vicino al Giappone, con un drago marino disegnato sopra la zona del Triangolo del Drago.
Una mappa antica che mostra un'area del Pacifico vicino al Giappone, con un drago marino disegnato sopra la zona del Triangolo del Drago.

Mentre il Triangolo delle Bermuda domina l'immaginario collettivo, un'altra area del mondo, situata esattamente sul lato opposto del globo, vanta una reputazione altrettanto sinistra: il "Ma no Umi", o Triangolo del Drago. Quest'area dell'Oceano Pacifico, al largo delle coste del Giappone, è stata teatro di inspiegabili sparizioni di navi e aerei, alimentando leggende di anomalie magnetiche, portali dimensionali e antiche creature marine. ARTICOLO COMPLETO

Leggende e sparizioni storiche
Le leggende su quest'area sono antiche e parlano di draghi che emergono dalle profondità per trascinare le navi sott'acqua. Ma la notorietà moderna del Triangolo del Drago esplose negli anni '50, quando diverse imbarcazioni giapponesi scomparvero senza lasciare traccia. L'incidente più famoso fu quello della nave di ricerca Kaiyo Maru No. 5, inviata dal governo giapponese nel 1952 proprio per investigare sulla scomparsa di altre navi. La Kaiyo Maru svanì nel nulla con tutto il suo equipaggio di 31 persone, e il governo giapponese dichiarò ufficialmente la zona pericolosa per la navigazione.

Spiegazioni scientifiche e scetticismo
Come per il suo gemello atlantico, anche per il Triangolo del Drago sono state proposte diverse spiegazioni scientifiche. L'area è nota per la sua intensa attività sismica e vulcanica sottomarina, che potrebbe rilasciare gas in grado di ridurre la densità dell'acqua e far affondare le navi, o causare tsunami improvvisi. Altri indicano la presenza di forti tempeste e onde anomale, comuni in quella regione del Pacifico. Gli scettici, come Larry Kusche, sostengono che molte delle sparizioni siano state esagerate o inventate, e che la pericolosità dell'area non sia statisticamente superiore a quella di altre rotte marittime trafficate e soggette a maltempo.

Il Triangolo del Drago rimane un affascinante intreccio di folklore, storia e scienza. Sebbene le prove di attività paranormali siano inesistenti, la combinazione di leggende antiche e documentate sparizioni moderne continua a stimolare la nostra immaginazione. Che le cause siano vulcani sottomarini, onde anomale o semplici incidenti, il "Ma no Umi" si conferma come uno dei luoghi più misteriosi e inquietanti del nostro pianeta.

 
 
Una vista della galassia di Andromeda con un enorme punto interrogativo sovrapposto, a simboleggiare il mistero della vita extraterrestre.
Una vista della galassia di Andromeda con un enorme punto interrogativo sovrapposto, a simboleggiare il mistero della vita extraterrestre.

"Dove sono tutti?". Questa semplice domanda, posta dal fisico Enrico Fermi nel 1950, racchiude uno dei più grandi misteri della scienza: il paradosso di Fermi. Data l'immensità dell'universo, l'età delle stelle e la probabilità statistica, la nostra galassia dovrebbe brulicare di civiltà extraterrestri. Eppure, non ne abbiamo mai trovato alcuna prova. Questa apparente contraddizione ha dato vita a decine di affascinanti ipotesi. ARTICOLO COMPLETO

La scala del problema
La nostra galassia, la Via Lattea, contiene centinaia di miliardi di stelle, molte delle quali simili al Sole. Si stima che una frazione significativa di queste stelle ospiti pianeti rocciosi in "zona abitabile", dove l'acqua liquida potrebbe esistere. Se anche solo una piccolissima percentuale di questi pianeti avesse sviluppato la vita, e una frazione ancora più piccola avesse dato origine a una civiltà tecnologica, la galassia dovrebbe essere piena di segnali, sonde o imperi galattici. Una civiltà anche solo mille anni più avanzata di noi avrebbe avuto tutto il tempo per colonizzare ampie porzioni della galassia.

Le possibili soluzioni
Le ipotesi per risolvere il paradosso sono numerose e spaziano dalla cosmologia alla sociologia.


  • Siamo soli (o i primi): L'ipotesi della "Terra Rara" suggerisce che la catena di eventi che ha portato alla vita intelligente sulla Terra sia così incredibilmente improbabile da essere unica.

  • Il Grande Filtro: Esiste un ostacolo evolutivo o tecnologico quasi invalicabile che impedisce alla vita di diventare una civiltà interstellare. Potrebbe essere l'origine della vita stessa, il passaggio all'intelligenza, o forse l'autodistruzione tramite guerre o disastri ecologici.

  • Si nascondono: Le civiltà avanzate esistono, ma scelgono deliberatamente di non contattarci (l'ipotesi dello "zoo galattico") o comunicano con metodi che non siamo ancora in grado di rilevare.


Il paradosso di Fermi ci costringe a confrontarci con la nostra posizione nel cosmo. Ogni possibile soluzione ha implicazioni profonde. Se siamo soli, portiamo sulle spalle l'enorme responsabilità di essere l'unica coscienza dell'universo. Se non lo siamo, dobbiamo chiederci perché l'universo appaia così silenzioso e vuoto. Finché non avremo una risposta, il grande silenzio cosmico rimarrà la domanda più importante e inquietante di tutte.

 
 
Il nuovo smartphone Honor Magic 8 Pro con il suo tasto AI dedicato evidenziato, che mostra un'icona di intelligenza artificiale.
Il nuovo smartphone Honor Magic 8 Pro con il suo tasto AI dedicato evidenziato, che mostra un'icona di intelligenza artificiale.

Honor ha lanciato il suo nuovo flagship, il Magic 8 Pro, introducendo una novità che potrebbe ridefinire l'interazione con i nostri smartphone: un tasto fisico dedicato all'intelligenza artificiale. Questa mossa sposta l'IA da una semplice funzione software a un'utilità hardware integrata e immediatamente accessibile, segnalando un cambiamento filosofico nel design dei dispositivi mobili del futuro. ARTICOLO COMPLETO

Un tasto per ogni azione
Il nuovo "AI Key" è progettato per la massima versatilità. Una pressione prolungata attiva l'assistente AI di Honor, pronto a rispondere a comandi complessi. Un doppio clic rapido lancia istantaneamente la fotocamera, mentre un singolo tocco può essere personalizzato dall'utente per avviare una funzione specifica, come ottenere indicazioni stradali. L'idea è quella di creare una nuova "memoria muscolare" per l'interazione con il telefono.

L'AI Key dell'Honor Magic 8 Pro è molto più di un semplice pulsante. Rappresenta la convinzione che l'intelligenza artificiale sia diventata così centrale nell'esperienza mobile da meritare un accesso hardware privilegiato, al pari della fotocamera. Se questa scommessa pagherà, potremmo assistere all'inizio di una nuova tendenza nel design degli smartphone.

 
 
Di Alex (pubblicato @ 04:00:00 in Intelligenza Artificiale, letto 37 volte)
Un volto umano mostrato a metà, con una parte reale e l'altra composta da una griglia digitale che ne evidenzia la natura artificiale, a simboleggiare il deepfake.
Un volto umano mostrato a metà, con una parte reale e l'altra composta da una griglia digitale che ne evidenzia la natura artificiale, a simboleggiare il deepfake.

La tecnologia deepfake, che utilizza l'intelligenza artificiale per creare video o audio falsi ma estremamente realistici, sta diventando sempre più accessibile e sofisticata. Se da un lato offre affascinanti possibilità creative, dall'altro rappresenta una seria minaccia per la disinformazione e la sicurezza individuale. Imparare a riconoscere i segni di un deepfake è una competenza sempre più essenziale nell'era digitale. ARTICOLO COMPLETO

Come funziona la tecnologia
I deepfake sono creati utilizzando una tecnica di machine learning chiamata Generative Adversarial Network (GAN). Una GAN è composta da due reti neurali che competono tra loro: il "Generatore", che crea le immagini false (ad esempio, sovrapponendo il volto di una persona a un video esistente), e il "Discriminatore", che cerca di distinguere le immagini false da quelle reali. Questo processo competitivo, ripetuto milioni di volte, permette al Generatore di creare falsi sempre più convincenti, fino a quando il Discriminatore non riesce più a distinguerli.

Indizi per smascherare un deepfake
Nonostante i progressi, i deepfake spesso lasciano piccole imperfezioni che un occhio attento può cogliere. Ecco alcuni indizi da cercare:


  • Movimento innaturale degli occhi: I deepfake faticano a replicare il battito naturale delle palpebre o il movimento realistico degli occhi.

  • Sincronizzazione labiale imperfetta: Spesso c'è una leggera discrepanza tra il movimento delle labbra e l'audio.

  • Dettagli sfocati o artefatti: Attorno ai bordi del volto, sui capelli o sui denti possono apparire strane sfocature o artefatti digitali.

  • Illuminazione incoerente: Le ombre sul volto potrebbero non corrispondere a quelle dell'ambiente circostante.

  • Pelle troppo liscia o statica: I volti generati dall'IA possono apparire innaturalmente privi di imperfezioni o mancare di micro-espressioni.


La tecnologia deepfake è un'arma a doppio taglio. Mentre la ricerca avanza per creare strumenti di rilevamento sempre più efficaci, la difesa migliore rimane la consapevolezza e il pensiero critico. Dubitare delle fonti, cercare conferme e analizzare attentamente i contenuti video prima di condividerli sono passi fondamentali per navigare in un panorama mediatico in cui la linea tra reale e artificiale è sempre più labile.

 
 
Il nuovo chip Apple M5 mostrato con un'aura luminosa che simboleggia la sua potenza di calcolo IA.
Il nuovo chip Apple M5 mostrato con un'aura luminosa che simboleggia la sua potenza di calcolo IA.

Apple ha presentato il nuovo chip M5, un componente che non rappresenta un semplice incremento di velocità, ma una decisa svolta strategica verso l'intelligenza artificiale on-device. Con il suo debutto simultaneo su MacBook Pro, iPad Pro e Vision Pro, l'M5 consolida un ecosistema unificato ad altissime prestazioni, ponendo l'IA al centro dell'esperienza utente professionale e creativa. ARTICOLO COMPLETO

L'architettura del futuro: Neural Accelerators nella GPU
Il cuore dell'innovazione dell'M5 risiede nella sua architettura. La nuova GPU a 10 core integra per la prima volta un "Neural Accelerator" in ogni singolo core, una mossa progettata specificamente per accelerare drasticamente i carichi di lavoro basati sull'intelligenza artificiale. Questo, unito a una larghezza di banda della memoria aumentata a 153 GB/s e a prestazioni della CPU fino al 15% superiori rispetto all'M4, permette a funzionalità come "Apple Intelligence" di operare con una fluidità e una velocità senza precedenti, direttamente sul dispositivo e senza dipendere dal cloud.

Un Ecosistema Unificato per la Creatività e l'IA
La scelta di lanciare l'M5 contemporaneamente su tutta la gamma di punta non è casuale. Il MacBook Pro da 14 pollici, il nuovo iPad Pro (ora con Wi-Fi 7 e modem C1X) e un Vision Pro aggiornato condividono ora la stessa, potentissima base hardware. Questa mossa strategica eleva il Vision Pro da prodotto di nicchia a componente fondamentale dell'ecosistema "Pro" di Apple, creando una piattaforma hardware coerente e unificata per sviluppatori e professionisti. L'investimento su un visore per la realtà mista così potente segnala la visione di Apple: lo spatial computing è la prossima frontiera per le applicazioni professionali, alimentato dallo stesso silicio che muove i suoi computer e tablet più performanti.

L'M5 è la risposta definitiva di Apple alla corsa all'intelligenza artificiale che sta definendo l'industria tecnologica. Non si tratta solo di potenza bruta, ma della creazione di un ecosistema hardware e software perfettamente integrato, dove l'IA è intessuta nell'esperienza utente in modo fluido e naturale, dai flussi di lavoro creativi più complessi alla navigazione in ambienti di spatial computing.

 
Il logo dei nuovi processori AMD Ryzen AI su uno sfondo astratto che rappresenta una rete neurale.
Il logo dei nuovi processori AMD Ryzen AI su uno sfondo astratto che rappresenta una rete neurale.

AMD ha ufficialmente presentato la sua nuova famiglia di processori per notebook, la serie 300 "Strix Point", capitanata dal potente Ryzen AI 9 HX 370. Progettati specificamente per i nuovi PC Copilot+ di Microsoft, questi chip integrano la più potente NPU (Neural Processing Unit) sul mercato, promettendo prestazioni IA senza precedenti e una forte concorrenza per i chip di Qualcomm e Apple. ARTICOLO COMPLETO

Architettura Zen 5 e una NPU da record
Il Ryzen AI 9 HX 370 è un processore a 12 core e 24 thread basato sulla nuova architettura Zen 5. Ma il vero protagonista è il co-processore per l'intelligenza artificiale XDNA 2. Questa NPU è in grado di raggiungere i 50 TOPS (trilioni di operazioni al secondo), superando i 45 TOPS dello Snapdragon X Elite e i requisiti minimi di Microsoft per i PC Copilot+. Questo si traduce in una capacità di eseguire localmente, senza bisogno del cloud, funzioni IA complesse come Recall, Live Captions e gli effetti di Windows Studio in modo fluido ed efficiente.

Grafica RDNA 3.5 e connettività
La parte grafica è affidata alla nuova GPU integrata Radeon 890M, basata su architettura RDNA 3.5. AMD dichiara che è mediamente il 36% più veloce rispetto alla grafica integrata nei processori Intel Core Ultra, rendendo questi notebook capaci di gestire anche il gaming leggero a 1080p. Il supporto per le memorie RAM LPDDR5x e per gli standard Wi-Fi 7 e Bluetooth 5.4 completano la dotazione di una piattaforma pensata per essere al vertice della tecnologia mobile per i prossimi anni. I primi notebook con questi processori, prodotti da partner come Asus, HP e Lenovo, sono attesi sul mercato a partire da luglio.

Con la serie Ryzen AI 300, AMD non si limita a competere, ma si posiziona come leader nel nascente mercato dei PC basati sull'intelligenza artificiale. La potenza della sua NPU e la solidità dell'architettura Zen 5 rappresentano una combinazione formidabile che promette di offrire ai consumatori notebook Windows potenti, efficienti e veramente "intelligenti".

 
 

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