Lo scioglimento accelerato dei ghiacciai è un segnale inequivocabile del cambiamento climatico.
La criosfera, l'insieme di tutte le aree ghiacciate del nostro pianeta, è uno dei più chiari e sensibili indicatori del cambiamento climatico in atto. La sua rapida e inesorabile ritirata non è soltanto una diretta conseguenza del riscaldamento globale, ma agisce come un detonatore per una serie di effetti a catena che hanno un impatto devastante su scala mondiale, dall'innalzamento dei mari alla stabilità del terreno artico.
Dati allarmanti: scioglimento e innalzamento dei mari
Il riscaldamento globale sta accelerando lo scioglimento dei ghiacci a un ritmo che non ha precedenti nella storia recente. I dati raccolti dai satelliti della NASA e di altre agenzie spaziali dipingono un quadro preoccupante e inequivocabile. A partire dal 1993, il livello medio globale del mare è salito di oltre 9,7 cm, e la velocità di questo innalzamento è più che raddoppiata nello stesso periodo. Un'analisi della NASA relativa al 2024 ha mostrato un'accelerazione persino superiore alle previsioni, con un aumento di 0,59 cm in un solo anno, a fronte degli 0,43 cm attesi. La perdita di massa glaciale è sbalorditiva: la Groenlandia perde in media 265 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno, mentre l'Antartide ne cede 135 miliardi. Globalmente, il nostro pianeta sta perdendo circa 273 miliardi di tonnellate di ghiaccio all'anno a causa del riscaldamento.
Il duplice motore dell'innalzamento
L'aumento del livello degli oceani è causato da due processi fondamentali, entrambi strettamente legati al riscaldamento del pianeta.
Espansione Termica: L'acqua, come ogni fluido, si espande quando la sua temperatura aumenta. Poiché gli oceani hanno assorbito la stragrande maggioranza del calore in eccesso intrappolato nell'atmosfera, questa espansione termica è un fattore dominante, responsabile di circa il 50% dell'innalzamento registrato tra il 1971 e il 2018.
Aggiunta di Acqua da Scioglimento: Lo scioglimento delle immense calotte glaciali della Groenlandia e dell'Antartide, unitamente ai ghiacciai montani sparsi per il globo, riversa quantità colossali di acqua dolce negli oceani, contribuendo al restante 50% dell'innalzamento.
Uno sguardo al futuro: proiezioni irreversibili
Le conseguenze di questo processo sono destinate a durare per molto tempo e sono, in gran parte, irreversibili. L'IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) prevede che, anche nell'ipotesi più ottimistica di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, il livello medio del mare continuerà inesorabilmente a salire, raggiungendo un aumento stimato tra i 2 e i 3 metri nei prossimi 2000 anni. Questo "impegno" a lungo termine è dovuto alla grande inerzia termica degli oceani e alla risposta lenta delle calotte glaciali, che continueranno a fondersi per secoli anche dopo un'eventuale stabilizzazione delle temperature.
Il permafrost: una bomba a orologeria climatica
Il permafrost, quel terreno perennemente ghiacciato che copre vaste aree dell'Artico e della Siberia, immagazzina enormi quantità di materia organica. Con l'aumento delle temperature, questo suolo si sta scongelando, permettendo ai microbi di decomporre la materia organica e di rilasciare nell'atmosfera anidride carbonica e metano, potentissimi gas serra. Questo fenomeno innesca un pericoloso ciclo di retroazione positiva: più gas serra vengono rilasciati, più il pianeta si riscalda, accelerando ulteriormente lo scongelamento del permafrost.
Lo scongelamento del permafrost ha anche impatti diretti e devastanti. Causa il collasso del terreno (un fenomeno noto come termocarsismo), minacciando la stabilità di edifici, strade, oleodotti e altre infrastrutture costruite su di esso. Nelle aree montuose, il disgelo del permafrost che funge da "cemento" per le rocce aumenta drasticamente il rischio di frane e crolli, mettendo in pericolo le comunità e le vie di comunicazione sottostanti.