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L'incubo da 3,5 miliardi di dollari di Google: come la multa record dell'UE potrebbe smantellare il suo impero pubblicitario
Di Alex (del 09/09/2025 @ 20:00:00, in Universo Google, letto 591 volte)
Il logo di Google rappresentato come un castello di carte che inizia a crollare sotto il peso di un martelletto da giudice con la bandiera dell'UE
Il logo di Google rappresentato come un castello di carte che inizia a crollare sotto il peso di un martelletto da giudice con la bandiera dell'UE

Una sanzione che va oltre la cifra, per quanto astronomica. La maxi-multa da 2,95 miliardi di euro inflitta dalla Commissione Europea a Google non è solo una sanzione finanziaria, ma un attacco diretto al cuore del suo modello di business. Bruxelles accusa il colosso di Mountain View di aver abusato per anni della sua posizione dominante nella tecnologia pubblicitaria, creando un ecosistema chiuso a proprio vantaggio. Ora, il rischio non è solo pagare, ma dover smantellare un impero. LEGGI TUTTO

Le pratiche contestate: un gioco truccato
La decisione della Commissione Europea, arrivata dopo un'indagine avviata nel giugno 2021, mette nero su bianco quello che concorrenti ed editori denunciano da anni. Google è stata accusata di aver abusato della sua posizione dominante in violazione dell'articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell'UE. Le pratiche incriminate, attuate almeno dal 2014, sono complesse ma riconducibili a un unico obiettivo: favorire i propri servizi a scapito di tutti gli altri. Nello specifico, l'indagine ha rilevato che Google ha favorito il proprio ad exchange, AdX, nel processo di asta gestito dal suo onnipresente ad server per editori, "DoubleClick For Publishers" (DFP). In pratica, quando un editore metteva in vendita uno spazio pubblicitario, Google si assicurava che la propria piattaforma di scambio avesse un vantaggio competitivo intrinseco, a discapito delle piattaforme rivali, degli inserzionisti e degli stessi editori online.

Non solo la multa: il rischio di uno smembramento
La sanzione di quasi 3 miliardi di euro, calcolata tenendo conto della gravità e della durata dell'infrazione, è solo la punta dell'iceberg. Bruxelles ha ordinato a Google di porre fine a queste condotte e, cosa ben più preoccupante per l'azienda, di proporre misure concrete per risolvere i suoi "conflitti di interesse intrinseci". Questa richiesta apre a scenari potenzialmente devastanti per Google. La Commissione non ha escluso la possibilità di imporre una cessione strutturale di parti del suo business pubblicitario. Questo significherebbe costringere Google a vendere pezzi della sua macchina da soldi, come la piattaforma DoubleClick o l'ad exchange AdX, per ristabilire un campo di gioco equo. L'azienda ha 60 giorni di tempo per presentare le sue proposte a Bruxelles.

L'impatto a catena sull'intero ecosistema digitale
Una ristrutturazione forzata del business pubblicitario di Google avrebbe conseguenze enormi per l'intero web.


  • Per gli editori: Potrebbero beneficiare di una maggiore concorrenza tra le piattaforme ad tech, che potrebbe tradursi in una quota maggiore dei ricavi pubblicitari e in una minore dipendenza dall'ecosistema di Google.
  • Per gli inserzionisti: Avrebbero accesso a un mercato più trasparente e competitivo, con la possibilità di ottenere prezzi migliori e un maggior controllo sulle loro campagne.
  • Per i concorrenti: Si aprirebbero nuove opportunità per le altre aziende del settore ad tech, che potrebbero finalmente competere ad armi pari senza essere svantaggiate dalle pratiche di auto-preferenza di Google.
  • Per Google: Oltre alla perdita economica diretta, un eventuale smembramento segnerebbe la fine di un'era di dominio incontrastato e potrebbe creare un precedente pericoloso per altre indagini antitrust in corso, sia in Europa che negli Stati Uniti.


Google ha già annunciato che farà ricorso, definendo la decisione "errata" e la multa "ingiustificata", sostenendo che le modifiche richieste danneggerebbero migliaia di aziende europee. Si prospetta una battaglia legale lunga e complessa, ma il messaggio di Bruxelles è inequivocabile: l'era del selvaggio West digitale è finita e anche i giganti della tecnologia devono rispettare le regole della concorrenza. L'impero pubblicitario di Google, un tempo intoccabile, ora scricchiola sotto i colpi dell'antitrust europeo.

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