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UAP: la scienza si appropria del mistero, dagli aneddoti agli algoritmi
Di Alex (del 08/09/2025 @ 16:00:00, in Scienza e Spazio, letto 77 volte)
Un'intelligenza artificiale analizza dati UAP su uno schermo in un laboratorio scientifico.
Un'intelligenza artificiale analizza dati UAP su uno schermo in un laboratorio scientifico.

Per decenni, il tema UFO è stato relegato ai margini, un territorio per appassionati e teorici della cospirazione. Il peso della prova ricadeva su chiunque riportasse un avvistamento, scontrandosi con lo scetticismo istituzionale. Oggi, stiamo assistendo a una rivoluzione copernicana: istituzioni del calibro di NASA e Harvard hanno formalmente "annesso" il fenomeno, trasformandolo da folklore a problema scientifico. La vera notizia non è se "loro" siano qui, ma che l'onere della prova si è invertito. Non è più compito del testimone dimostrare di aver visto qualcosa, ma è diventato compito della scienza spiegare i dati anomali registrati dai suoi sensori più avanzati.



La vecchia guardia: quando bastava una foto sfuocata
L'ufologia tradizionale si è sempre basata su fondamenta fragili: le testimonianze oculari. Racconti affascinanti, certo, ma per loro natura soggettivi, irripetibili e, quindi, scientificamente inutilizzabili. In un'era dominata dalla tecnologia, dove un'immagine o un video possono essere manipolati con una semplice app, l'evidenza aneddotica ha perso ogni valore. Questo approccio ha generato un sistema di credenze basato più sulla narrazione del complotto governativo che sull'analisi oggettiva. In questo contesto, l'assenza di prove diventava, paradossalmente, la prova stessa di un insabbiamento. Un circolo vizioso che ha isolato il campo da qualsiasi dibattito scientifico serio, come hanno dimostrato per anni in Italia organizzazioni come il CICAP, che riconducevano sistematicamente gli avvistamenti a fenomeni noti, da satelliti a semplici errori di percezione. In pratica, la vecchia ufologia non è mai riuscita a produrre un dataset solido, rimanendo impantanata in un loop di storie non verificabili.

NASA: l'approccio corporate per "sanitizzare" il mistero
L'ingresso della NASA nel campo segna un cambio di passo radicale. La strategia è chiara e ricorda quella di una grande azienda tech che vuole mettere ordine in un mercato caotico. Il primo passo è stato un'operazione di rebranding: via il termine "UFO", carico di connotazioni fantascientifiche, e dentro il più asettico "UAP" (Fenomeni Anomali non Identificati). L'obiettivo è spogliare il fenomeno dal sensazionalismo per renderlo un oggetto di studio. Il rapporto del team indipendente della NASA del 2023 è un manifesto di questo approccio: la conclusione principale è la cronica mancanza di dati di alta qualità. La soluzione? Una roadmap rigorosamente "data-first": usare l'intelligenza artificiale per setacciare i dati, migliorare la calibrazione dei sensori e persino sfruttare il crowdsourcing tramite app per smartphone per raccogliere dati da più fonti civili. La conclusione che "non ci sono prove di origine extraterrestre" non è una fine, ma un reset strategico. Prima di cercare l'ago (l'anomalia), bisogna capire perfettamente com'è fatto il pagliaio (tutti i fenomeni convenzionali).

Il Progetto Galileo di Harvard: la startup che punta al bersaglio grosso
Se la NASA è la grande corporation metodica, il Progetto Galileo di Harvard, guidato dall'astrofisico Avi Loeb, è la startup agile e aggressiva. Finanziato privatamente e quindi libero da vincoli burocratici, il progetto ha un obiettivo esplicito e audace: cercare attivamente "tecnofirme" di civiltà tecnologiche extraterrestri. Qui l'ipotesi aliena non è l'ultima spiaggia, ma un'ipotesi di lavoro primaria. Invece di analizzare dati raccolti per altri scopi, il team di Loeb sta costruendo una rete di osservatori dedicati, con telescopi e sensori multi-modali che monitorano il cielo 24/7. Il cuore del sistema è un software di intelligenza artificiale progettato per filtrare in tempo reale tutti gli oggetti noti (droni, aerei, uccelli, satelliti) e isolare solo i candidati veramente anomali. L'ispirazione viene da oggetti come 'Oumuamua, il visitatore interstellare del 2017 le cui anomalie hanno spinto Loeb a ipotizzare potesse essere un manufatto artificiale. È un approccio proattivo, una scommessa ad alto rischio e altissimo potenziale.

Un nuovo paradigma: il verdetto è negli algoritmi
Ci troviamo di fronte a un vero e proprio cambio di paradigma, come descritto da Thomas Kuhn nelle sue "rivoluzioni scientifiche". I video della Marina Militare USA come "Gimbal" e "GoFast", registrati da sensori avanzati, hanno rappresentato l'anomalia che il vecchio paradigma non poteva più ignorare o liquidare facilmente. Questo ha innescato la crisi e la nascita di un nuovo approccio. La domanda non è più "Cosa credi?", ma "Cosa puoi misurare?". Il nuovo campo di battaglia è l'analisi dei dati. L'obiettivo della "scienza normale" degli UAP è ora risolvere metodicamente i rompicapi, eliminando le cause convenzionali una a una. Si stima che solo una piccola percentuale dei casi, tra il 2% e il 5%, sia "veramente anomala". È su questo piccolo, ostinato residuo che si concentra la vera sfida scientifica.

In conclusione, il mistero degli UFO non è stato risolto, ma è stato sottratto al mondo degli appassionati per essere consegnato a data scientist, fisici e ingegneri. Il guadagno è la possibilità, per la prima volta, di ottenere una conoscenza reale basata su dati verificabili. La perdita è quella di un mito, di una narrazione quasi religiosa che prosperava nell'incertezza. Il futuro del fenomeno non sarà deciso dalle testimonianze, ma da algoritmi di machine learning e dall'analisi spettrale. Il mistero si è trasferito in un nuovo tempio, le cui porte sono sorvegliate non più da credenti, ma da scienziati.

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