Rabbit R1: l'AI tascabile che doveva uccidere le app è un fallimento o un'idea geniale che potrebbe aver inspirato Jony Ive e OpenAI??

Il dispositivo AI tascabile Rabbit R1 in colorazione arancione, tenuto in una mano, con la sua iconica rotellina di scorrimento.
Presentato al CES come il "Tamagotchi del futuro", il Rabbit R1 ha scatenato un'ondata di entusiasmo e preordini, promettendo di rivoluzionare la nostra interazione con la tecnologia. L'idea è tanto semplice quanto ambiziosa: un piccolo dispositivo AI da 199 dollari che usa le app al posto nostro, liberandoci dalla schiavitù degli smartphone. Ora che i primi modelli sono arrivati nelle mani degli utenti e dei recensori, il verdetto è tutt'altro che unanime. Il Rabbit R1 è la visione geniale del futuro o un gadget affascinante ma, in ultima analisi, inutile?
Il "Large Action Model": un'IA che impara a usare le appIl cuore pulsante del Rabbit R1 non è un modello linguistico come ChatGPT, ma un "Large Action Model" (LAM). Invece di limitarsi a comprendere e generare testo, il LAM è stato addestrato a riconoscere e utilizzare le interfacce delle applicazioni web come farebbe un essere umano. L'obiettivo è superare la necessità di avere decine di app installate: basta chiedere a voce al R1 di "ordinare un Uber per l'aeroporto" o "trovare una ricetta per la cena con quello che ho in frigo" e il dispositivo, tramite i suoi "rabbits" che operano nel cloud, interagisce con i servizi di Uber o di ricette per portare a termine il compito. Una promessa potentissima, che si scontra però con la realtà di un sistema ancora acerbo e con poche integrazioni funzionanti.
Design iconico, hardware modestoIl design, curato dalla celebre casa svedese Teenage Engineering, è indiscutibilmente il punto di forza del R1. Un piccolo quadrato arancione acceso, con un display touchscreen, una rotellina per lo scorrimento, un pulsante "push-to-talk" e una fotocamera rotante a 360 gradi chiamata "Rabbit Eye". L'estetica retrò e giocosa ha conquistato tutti. L'hardware interno, tuttavia, è decisamente meno impressionante. Il processore è un MediaTek Helio P35, un chip da smartphone di fascia bassa del 2018, affiancato da 4 GB di RAM. Una dotazione modesta che, secondo l'azienda, è sufficiente poiché la maggior parte dell'elaborazione AI avviene nel cloud. Le recensioni, però, hanno evidenziato una reattività non sempre fulminea e un'autonomia della batteria piuttosto deludente.
- SoC: MediaTek Helio P35 (Octa-core 2.3GHz)
- Memoria: 4 GB RAM / 128 GB Storage
- Display: 2.88 pollici TFT Touchscreen
- Fotocamera ("Rabbit Eye"): 8 MP, rotante a 360°
- Connettività: Wi-Fi (2.4/5GHz), Bluetooth 5.0, 4G LTE (via slot SIM)
- Audio: 2 microfoni, 1 altoparlante
- Batteria: 1000 mAh
- Sistema Operativo: Rabbit OS basato su Large Action Model (LAM)
- Dimensioni e Peso: 78x78x13 mm, 115 grammi
La realtà dei fatti: promesse contro prestazioniLe prime recensioni, da The Verge a HDBlog.it, sono state impietose. Molte delle funzionalità promesse, come l'integrazione con DoorDash o Uber, non erano attive al lancio o funzionavano in modo inaffidabile. L'IA si è dimostrata spesso più lenta di un utente medio con uno smartphone in mano e l'utilità pratica del dispositivo è stata messa in forte discussione. Alcuni sviluppatori hanno persino dimostrato che il sistema operativo Rabbit OS non è altro che un'app Android mascherata, una tesi smentita dall'azienda ma che ha alimentato il dibattito. Nonostante ciò, l'azienda continua a rilasciare aggiornamenti OTA (Over-The-Air) che stanno gradualmente migliorando le performance e aggiungendo funzionalità, come la recente possibilità di personalizzare l'interfaccia con un prompt testuale.
Il Rabbit R1 è l'emblema perfetto dell'attuale era dell'intelligenza artificiale: un concentrato di idee visionarie, marketing eccezionale e una realtà tecnologica che fatica a tenere il passo. È un oggetto affascinante, un pezzo di design che fa sognare un futuro senza app, ma che oggi non può sostituire lo smartphone. Forse, come sostengono alcuni, il suo vero valore non è in ciò che fa, ma in ciò che rappresenta: il primo, coraggioso tentativo di creare una nuova categoria di dispositivi personali. Sarà un successo o un pezzo da museo per appassionati di tecnologia? Solo il tempo e la capacità di Rabbit di mantenere le sue promesse software potranno dircelo.
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