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I proxy di Google e i pasti gratis
Di Regina Mabailati (del 07/03/2013 @ 11:06:39, in Universo Google, letto 4326 volte)
Ci sono notizie che fanno il "botto", venendo rilanciate, riprese e commentate da migliaia di persone in tutto il mondo ed altre che, invece, vengono anche riportate da più blog, siti o quotidiani senza però colpire l'opinione pubblica. Ma non sempre questo differente trattamento restituisce la vera importanza sulle nostre esistenze di queste notizie.




E' notizia del 2 Marzo, pubblicata da TNW, che Google stia testando un sistema proxy di navigazione per il mobile, al fine di velocizzare la stessa sui dispositivi android e con il browser proprietario Chrome.

Perchè è importante questa notizia, apparentemente innocua e di scarso interesse? Perchè rappresenta l'ennesimo, e preoccupante, tentativo, da parte del gigante di Mountain View, di assicurarsi tutti i dati di navigazione degli utenti di tutto il mondo. Dati che vengono accuratamente conservati, archiviati e, spesso, utilizzati non solo per ricerche e statistiche ma anche, e soprattutto, a fini pubblicitari.

Il traffico mobile, in pratica, passerà tutto da una rete ad hoc gestita da Google che poi penserà a re-indirizzare i visitatori verso i siti desiderati. Non è un po' troppo? E' un po' come fanno le grandi aziende statali, come l'Inps, per dire, che gestisce il traffico di tutte le proprie sedi mediante un proxy. Un modo per far navigare senza rischi i propri dipendenti ma anche un sistema molto semplice per controllarli.

Beh, direte voi, Google mi dà gratis Gmail, Youtube e Docs, servizi che, altrimenti, dovrei pagare, facesse quel che crede con i miei dati!

Esiste un vecchio adagio che sostiene che, in economia, non esistono pasti gratis. E' un acronimo, TANSTAAFL (There ain’t no such thing as a free lunch), che significa, in pratica che se qualcuno promette qualcosa di gratis, ad esempio il tasso di interesse su un prodotto finanziario, sarà qualcun altro a pagare il conto. Se i BTP italiani pagano tanto e ci si guadagna molto comprandoli, in realtà sono le aziende italiane a pagare quel tasso, il cosiddetto spread, chiedendo prestiti alle banche per poter lavorare. L'azienda quindi paga tanto e magari licenzia proprio quel dipendente, o un suo collega, che ha acquistato dei BTP.
Nel mondo del web questa teoria è facilmente applicabile: se esiste un'app gratuita, in realtà gratuita non lo è del tutto perchè, ben che ci vada, avremo la pubblicità sul nostro smartphone. Oppure non appaiono spot e l'azienda troverà modo di capitalizzare diversamente, senza neanche spiegarci come. Sostengo da tempo come occorra uno step mentale da compiere, imparando come sia meglio pagare le app, come avevo scritto sul mio blog No Apple - Think! "Le app vanno pagate basta con il gratis in rete" e i contenuti in genere su internet in modo da assicurarsene la qualità e soprattutto la limpidezza, piuttosto che credere che tutto sia, davvero, gratis.

Se Google, come Facebook, potrà sempre più ricostruire la vostra intera esistenza a voi potrebbe anche non creare problemi. In un mondo ideale, almeno. Se, però, considerate che in giro ci sono tanti maleintenzionati, la cui competenza peraltro è in costante aumento, potete intuire come possa diventare pericolosa l'esistenza stessa di una banca dati che contiene ogni singolo aspetto della vostra vita.

Oggi Google è una potenza imbattibile così come lo sono Apple, Microsoft, Samsung eccetera, però una maggiore consapevolezza dei rischi e dei costi impliciti delle nostre azioni sul web diverrà prima o poi davvero necessaria.

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